Il Governo Essid è stato il 28º governo della Repubblica di Tunisia, proposto il 4 febbraio 2015 e approvato il 6 febbraio da una maggioranza di 166 dei 217 parlamentari totali dell'Assemblea dei rappresentanti; venne sfiduciato il 31 luglio 2016.

Governo Essid
Primo Ministro Habib Essid
StatoBandiera della Tunisia Tunisia
Capo del governoHabib Essid
(Nidaa Tounes)
CoalizioneNidaa Tounes, UPL, Afek Tounes, Ennahda
Giuramento6 febbraio 2015
Dimissioni31 luglio 2016
Governo successivoGoverno al-Shāhed
27 agosto 2016

Si tratta del primo governo formatosi dopo le prime elezioni presidenziali e parlamentari libere della Tunisia.[1]

A gennaio il Presidente Beji Caid Essebsi aveva designato Habib Essid come primo ministro tunisino, alla guida di un esecutivo di unità nazionale.

Il governo era formato da 27 ministri e 14 segretari di Stato e appoggiato da una coalizione di Nidaa Tounes, Unione Patriottica Libera (UPL), Afek Tounes, Ennahda e indipendenti.

È rimasto in carica dal 5 febbraio 2015 al 27 agosto 2016 per un totale di 569 giorni, ovvero 1 anno, 6 mesi e 22 giorni.

Composizione

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Carica Nome e partito
Primo ministro   Habib Essid (Indipendente)
Ministro della Difesa nazionale   Farhat Horchani (Indipendente)
Ministro degli Interni   Mohamed Najem Gharsalli (Indipendente)
Ministro degli Affari Esteri   Taïeb Baccouche (Nidaa Tounes)
Ministro della Giustizia   Mohamed Salah Ben Aïssa (Indipendente)
Ministro degli Affari Religiosi   Othman Battikh (Indipendente)
Ministro dell'Economia e delle Finanze   Slim Chaker (Nidaa Tounes)
Ministro dell'industria e dell'energia   Zakaria Hamad (Indipendente)
Ministro del commercio   Ridha Lahouel ((Indipendente)
Ministro del Turismo   Selma Elloumi Rekik (Nidaa Tounes)
Ministro degli Affari Sociali   Ahmed Ammar Younbaii (Indipendente)
Ministro dell'Istruzione Nazionale   Neji Jalloul (Indipendente)
Ministro della Salute   Saïd Aïdi (Nidaa Tounes)
Ministro del Lavoro e Formazione Professionale   Zied Adhari (Ennahda)
Ministro dei Trasporti   Chiheb Ben Ahmed (Nidaa Tounes)
Ministro dell’Ambiente e dello Sviluppo Sostenibile   Nejib Derouiche (UPL)
Ministro delle Infrastrutture e del Coordinamento Regionale   Mohamed Salah Arfaoui (Indipendente)
Ministro dell’Economia Digitale   Noomane Fehri (UPL)
Ministro del Demanio e del Territorio   Hatem El-Euchi (UPL)
Ministro dello Sviluppo e la Cooperazione Internazionale   Yassine Brahim (Afek Tounes)
Ministro della Gioventù e dello Sport   Maher Ben Dhia (UPL)
Ministro della Donna e dell'Infanzia   Samira Merai (Afek Tounes)
Ministro degli Affari Culturali   Latifa Lakhdar (Indipendente)
Ministro dell'Istruzione Superiore, Ricerca Scientifica e delle Tecnologie e Comunicazione   Chiheb Bouden (Indipendente)
Ministro dell'Agricoltura   Saâd Seddik (Indipendente)

Attentati e critiche

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Dopo gli attentati al Museo Nazionale del Bardo nella capitale Tunisi, e a una località balneare di Susa, rivendicati dallo Stato islamico,[2] il governo tunisino si è assunto la respobsabilità per il modo inadeguato in cui le forze di polizia hanno affrontato le cose.

Un portavoce del ministero della Giustizia tunisino ha confermato che almeno sei agenti di polizia erano stati deferiti a processo per negligenza criminale per non aver aiutato le vittime, la maggior parte dei quali turisti britannici. Altre 27 persone sono state deferite con accuse simili, ha affermato il ministero.[3]

Il governo ha annunciato pubblicamente le accuse dopo che è stato sconfessato da un'inchiesta britannica sugli attentati.[3]

Il rapporto britannico metteva a nudo i fallimenti delle forze di sicurezza tunisine.

"La risposta della polizia è stata nel migliore dei casi caotica e nel peggiore dei casi codarda", ha detto il giudice Nicholas Loraine-Smith, che ha presieduto l'inchiesta britannica, in un'emozionante udienza. “Avevano tutto il necessario per affrontare l'uomo armato e avrebbero potuto essere sulla scena in pochi minuti. Il ritardo era deliberato e ingiustificabile".

Lo stesso primo ministro in un'intervista con RFI ha riconosciuto che ci sono state delle "lacune" e "falli nella sicurezza" nella gestione degli attentati.[4]

Sfiducia

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Il 31 luglio 2016 il parlamento tunisino ha approvato una mozione di sfiducia contro l'esecutivo, con 118 voti favorevoli, 27 astenuti e 3 contrari.[5] Il primo ministro Essid era da tempo sotto pressioni per dimettersi, da quando a giugno il presidente Beji Caid Essebsi aveva auspicato la creazione di un nuovo governo di unità nazionale, per portare avanti le riforme istituzionali e calmare le tensioni sociali, causate dai recenti problemi di sicurezza ma soprattutto dalla crisi economica del paese, che ha portato a un'elevata disoccupazione, specialmente tra i laureati.[6][7]

Il governo è rimasto in carica per il disbrigo degli affari correnti fino al 27 agosto 2016, quando, dopo un giro di consultazioni, venne formato l'esecutivo al-Shāhed, guidato dall'ingegnere e politico tunisino Yūssef al-Shāhed.

Voci correlate

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Elezioni parlamentari in Tunisia del 2014 Elezioni presidenziali in Tunisia del 2014 Governo Jomaa Governo al-Shāhed

Altri progetti

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