Lebensraum

dottrina nazista dello "spazio vitale"

Il termine Lebensraum (spazio vitale) è una definizione nata in biogeografia, successivamente estesasi all'utilizzo in ambiente geopolitico. Con questo termine si indica maggiormente la teoria nazionalsocialista tedesca dello spazio vitale, che ambiva a dare alla Germania le maggiori risorse ed il più ampio spazio su cui operare e a riunire le popolazioni tedesche sparse in Europa sotto un unico grande Reich. Un concetto simile, lo spazio vitale, albergava nel pensiero fascista italiano, del quale riassumeva e giustificava le aspirazioni di espansione territoriale.[1]

Lo spazio vitale del Großdeutsches Reich ("Reich della Grande Germania") nei progetti del Terzo Reich. Cfr. anche Generalplan Ost.

Origine

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La parola Lebensraum venne coniata da Friedrich Ratzel nel 1897, in applicazione ad analisi fito e zoogeografiche, per riferirsi a un'area geografica all'interno della quale si sviluppa una determinata specie, per poi ricevere riconoscimento in ambiente scientifico dopo la pubblicazione del suo studio biogeografico nel 1901. Un termine che, in tale contesto, otteneva una valenza di carattere darwinistico-sociale.[2]

Geopolitica e nazionalsocialismo

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Distribuzione storica dei germanofoni attorno al 1910.

Lebensraum subì poi il passaggio dalla biogeografia alla geopolitica principalmente grazie a Karl Haushofer, generale e uno dei maggiori teorici della geopolitica tedesca. Haushofer concepiva il Lebensraum come espansione della Germania verso est, a discapito dei Paesi slavi. I corsi di geopolitica tenuti da Haushofer a Monaco di Baviera, suscitarono l'entusiasmo del suo allievo Rudolf Hess, il quale lo presentò a Hitler durante la prigionia a Landsberg. Hess tenne memoria delle numerose e lunghe visite di Haushofer a Landsberg, dove Hitler stava completando il Mein Kampf.

Il termine Lebensraum venne ripreso dunque da quest'ultimo, che lo menziona esplicitamente nel suo Mein Kampf:

«Senza considerazione per le tradizioni e i pregiudizi, il nostro popolo deve trovare il coraggio di unire il proprio popolo e la sua forza per avanzare lungo la strada che porterà il nostro popolo dall'attuale ristretto spazio vitale verso il possesso di nuove terre e orizzonti, e così lo porterà a liberarsi dal pericolo di scomparire dal mondo o di servire gli altri come una nazione schiava»

La geopolitica nazionalsocialista espresse tre motivi fondamentali che spingevano la Germania a muoversi verso est:

  • il primo era dettato dalla storia: la Germania realizzava una spinta "vitale" verso oriente (Drang nach Osten, spinta a est) fin dal Medioevo (con l'Ostsiedlung);
  • il secondo era dettato dal Trattato di Versailles, con cui le potenze vincitrici della Grande Guerra avevano privato l'Impero tedesco delle sue colonie e di numerosi territori, considerati indispensabili per la sopravvivenza del popolo tedesco;
  • il terzo era dovuto alla forte spinta demografica della Germania, considerata "potenza proletaria", per sfogare la quale erano necessarie nuove terre, ritenendo inevitabile quindi un'espansione verso le pianure abitate dagli slavi, praticamente spopolate in proporzione con l'alta densità abitativa tedesca e dell'Europa occidentale in generale.[2]

Queste teorie vennero quindi utilizzate fortemente dalla propaganda tedesca per giustificare l'Operazione Barbarossa, con la quale il Terzo Reich invase l'Unione Sovietica nel giugno 1941.

«Io rispondo: in teoria, potremmo anche credere che ciò sia fattibile, poiché in molti casi il buon senso mostra in effetti chiaramente la giustezza delle richieste avanzate da una parte e l'imprescindibile necessità, dell'altra parte, di fare concessioni. Per esempio, secondo la logica, il buon senso e tutti i principi della giustizia umana, per non dire anche delle leggi della volontà divina, tutte le nazioni dovrebbero avere una parte uguale dei beni di questo mondo. Non dovrebbe accadere che una nazione pretenda uno spazio vitale maggiore di quello che può occupare quando non si raggiungono neppure 15 abitanti per km², mentre altre nazioni sono costrette a mantenere sulla stessa superficie 140, 150 o anche 200 abitanti. Ma in nessun caso queste nazioni fortunate dovrebbero ridurre ulteriormente lo spazio vitale di popoli già sofferenti, rubando per esempio a essi le loro colonie. Io sarei perciò felice se questi problemi potessero veramente essere risolti al tavolo delle trattative.»

Il Nuovo Ordine Europeo

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Nuovo Ordine.

Strettamente vicini al concetto nazionalsocialista di spazio vitale sono: il concetto di Nuovo Ordine (Neue Ordnung), il progetto per il nuovo ordine statuale europeo (e internazionale) che avrebbe dovuto sostituire le gerarchie precedenti alla seconda guerra mondiale a conclusione della stessa; il concetto di Grossdeutsches Reich, la Grande Germania, intesa come centro di un Impero Europeo in gestazione;[5] il Piano generale per l'est (Generalplan Ost), inerente alla riorganizzazione generale dei territori e delle popolazioni tedesche e slave nei territori conquistati a oriente.[6]

Spazio vitale nell'ideologia fascista italiana

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La divisione dell'Eurafrasia tra le tre principali Potenze dell'Asse:

     Germania/Lebensraum

     Impero italiano/Spazio vitale

     Impero giapponese/Sfera di co-prosperità

Un concetto simile, lo spazio vitale, albergava nel pensiero fascista italiano, del quale riassumeva e giustificava le aspirazioni di espansione territoriale.[1]

Connotazione ideologica: differenze con l'ideologia nazista

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Tuttavia, mentre la conquista dello "spazio vitale" nazista era basata sul razzismo scientifico, e implicava necessariamente un'operazione di ingegneria razziale sull'Europa, da attuarsi con il genocidio delle nazioni soggiogate,[7] l'aspirazione egemonica di Benito Mussolini non presupponeva il genocidio, ma affidava alla razza italiana, considerata "custode e portatrice di una civiltà superiore", la missione di esportare la rivoluzione fascista fuori dai propri confini, "civilizzare" i territori conquistati, e «imporre i criteri morali e razziali, il diritto, la virtus e la libertas».[1]

Le nazioni sconfitte sarebbero state sottoposte al potere e alla "protezione" di Roma, ma avrebbero mantenuto la propria lingua e la propria cultura.[1] L'ideologo fascista Giuseppe Bottai, nei suoi Contributi dell'Italia al nuovo ordine, paragonava questa missione storica all'agire degli antichi romani, affermando che «i nuovi italiani avrebbero illuminato il mondo con l'arte, educato con la sapienza, dato ai nuovi territori una salda struttura con la tecnica e l'abilità amministrativa».[1]

Piccolo e grande spazio

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Lo "spazio vitale" sarebbe stato suddiviso tra il "piccolo spazio", cioè lo spazio fisico dei soli italiani, e il "grande spazio", l'ambito geografico più vasto abitato, invece, da altre popolazioni sotto la dominazione coloniale italiana, sul quale esercitare un potere sottratto a ogni ingerenza di potenze estranee.[8] Lo "spazio vitale" sarebbe stato il perimetro entro cui imporre il Nuovo Ordine e nel quale realizzare quel ruolo storico speciale che, secondo la retorica fascista, sarebbe spettato alla nazione italiana.[8]

Estensione dello "spazio vitale" italiano

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L'estensione territoriale dello "spazio vitale" italiano doveva coprire l'intero Mediterraneo (il Mare Nostrum della retorica imperiale) e tutta l'Africa settentrionale, dall'Oceano Atlantico all'Oceano Indiano.[9] L'inequivocabile ambizione espansiva sul Mare Nostrum si era espressa già in maniera lampante con il massiccio impegno bellico profuso sul fronte della guerra civile spagnola, con 35.000 soldati impegnati, un esborso di oltre 6 miliardi di lire per l'approvvigionamento di materiale bellico, e le ingenti perdite umane, ammontanti a 4.000 morti e 11.000 feriti.[10]

  1. ^ a b c d e Davide Rodogno, Il nuovo ordine mediterraneo: le politiche di occupazione dell'Italia fascista in Europa (1940-1943), Bollati Boringhieri, 2003, p. 72.
  2. ^ a b John O'Loughlin, Dizionario di geopolitica, Asterios editore, Trieste.
  3. ^ R. R. Kuczynski, Living space and population problems, in Pamphlets on world affairs, n. 8, New York, 1939
  4. ^ Franz Neumann, Behemoth. Struttura e pratica del nazionalsocialismo, Mondadori, 2000.
  5. ^ Franz Neumann, Behemoth. Struttura e pratica del nazionalsocialismo, Mondadori, 2000. Inserito nel "Research Institute on Peace and Post-War Problems" dell'American Jewish Comitee
  6. ^ Enzo Colotti, L'Europa nazista: il progetto di un Nuovo ordine europeo, 1939-1945, Giunti, 2002.
  7. ^ D. Rodogno, op. cit., p. 97
  8. ^ a b D. Rodogno, op. cit., p.74
  9. ^ D. Rodogno, op. cit., p. 73
  10. ^ D. Rodogno, op. cit., p. 40

Bibliografia

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  • John O'Loughlin, Dizionario di geopolitica, Asterios editore, Trieste.
  • Franz Neumann, Behemoth. Struttura e pratica del nazionalsocialismo, Mondadori, 2000.
  • Adolf Hitler, Mein Kampf, Edizioni di Ar, 2010.
  • Enzo Colotti, L'Europa nazista: il progetto di un Nuovo ordine europeo, 1939-1945, Giunti, 2002.
  • Arthur Moeller van den Bruck, Das dritte Reich, Hamburg, 1931; trad. in inglese Germany's third Empire, New York, 1941.
  • Alfred Rosenberg, Der deutsche Ordenstaat, Monaco, 1934.
  • Carl Schmitt, Il nomos della terra nel diritto internazionale dello Jus Publicum Europaeum, Adelphi, 1991.
  • Davide Rodogno, Il nuovo ordine mediterraneo: le politiche di occupazione dell'Italia fascista in Europa (1940-1943), Torino, Bollati Boringhieri, 2003, ISBN 88-339-1432-1.

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