Realismo (letteratura)

corrente letteraria

In letteratura, il realismo è un movimento che si è affermato nel XIX secolo, quando gli scrittori sentivano l'esigenza di rappresentare la realtà quotidiana, sia cogliendone in modo problematico i risvolti politici e sociali, sia inserendo personaggi in un preciso contesto storico e ambientale. Il realismo propone di riprodurre nelle opere letterarie la realtà, di "fotografare" la vita quotidiana senza commenti o giudizi. Il realismo ha successivamente dato vita a due correnti chiamate rispettivamente Naturalismo in Francia e Verismo in Italia. Fra i maggiori esponenti veristi (non realisti) si ricordano Giovanni Verga, Luigi Capuana e Matilde Serao.

La Poetica di Aristotele

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Il realismo trova le sue radici nella Poetica di Aristotele, in cui secondo le sue teorie i generi letterari più vicini alla perfezione sono quelli che rappresentano la realtà come dovrebbe essere, dove gli esseri umani sono tratteggiati al meglio delle loro possibilità, come nel poema epico e nella tragedia.

La nascita del romanzo moderno e la tendenza al realismo

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Nella storia della letteratura il primo sviluppo di un modo romanzesco avviene nel Medioevo con i poemi epico-cavallereschi, che riflettono i costumi e i valori della società feudale. In seguito, nel Seicento, si scrissero romanzi avventurosi molto lunghi e ricchi di digressioni narrative e ampie parti descrittive. Tuttavia la rappresentazione fedele di vicende, personaggi e ambienti tratti dalla realtà ha caratterizzato la nascita del romanzo moderno, genere letterario che solo nel Settecento si diffonde in Europa, a partire dall'Inghilterra e dalla Francia, in una straordinaria varietà di forme. Esso risponde all'esigenza del ceto emergente, la borghesia, di rispecchiarsi nelle vicende narrate, di vedervi cioè il riflesso dei propri problemi, ideali, aspirazioni e sentimenti.

La stagione del grande romanzo realista - inteso come genere che esclude qualsiasi esagerazione o forzatura della realtà - coincide tuttavia con l'Ottocento. È il secolo del trionfo della borghesia, conseguentemente al diffondersi della Rivoluzione industriale e al susseguirsi dei rivolgimenti storici, inaugurati dalla Rivoluzione francese del 1789, che hanno messo in crisi i regimi assoluti fondati sul predominio dell'aristocrazia e sull'immobilismo sociale.

Il realismo ottocentesco e la ricerca della verosimiglianza

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Tutta la letteratura dell'Ottocento, ha scritto David Herbert Lawrence, ha come motivo principale una concezione che si può definire sentimentale democratica, da Hawthorne a Dickens, da Flaubert a Balzac. «Mi pare che fin dal 1860, o forse già dal 1830, gli italiani abbiano sempre preso a prestito i loro ideali di democrazia dai Paesi nordici, riversandovi grandi dosi di sentimento, senza però venirne mai conquistati nel profondo». Inoltre v'è da aggiungere che la difficoltà generale del realismo «consiste nel fatto che l'autore,allorché si tratti di una personalità veramente eccezionale come potrebbe essere un Verga o un Flaubert, cerca di leggere il proprio senso della tragedia in personaggi molto inferiori a lui. Io credo che sia un motivo decisivo di critica a carico di Madame Bovary il fatto che personaggi come Emma Bovary e suo marito Charles sono semplicemente troppo insignificanti per sopportare tutto il peso del senso tragico di Gustave Flaubert».[1]

Il bisogno di raccontare, ispirandosi al mondo reale, ha avuto un riflesso sulle tecniche narrative. Dapprima gli scrittori fecero ricorso a quel procedimento, ereditato dai poemi epici, dai romanzi e dalle novelle dell'antichità classica e medievale, che la moderna narratologia ha denominato "focalizzazione zero". In particolare, nella narrativa ottocentesca a impostazione realistica il narratore "onnisciente" ha in genere la funzione di raccontare una storia avvincente, inventata ma allo stesso tempo verosimile, tale cioè da riflettere su modi, personaggi ed eventi che possono trovare riscontro con la realtà. L'adozione del narratore onnisciente è inoltre congeniale all'intento pedagogico di molti autori realisti ottocenteschi, quali Lev Tolstoj, Honoré de Balzac, Charles Dickens, Benito Pérez Galdós. Gustave Flaubert diede vita, con Madame Bovary (1857), a un nuovo modo di scrivere e di concepire l'arte, sia per il carattere antiromantico sia per l'oggettività con cui veniva indagata la psicologia dei personaggi. Questo tipo di narratore, infatti, non impegna il lettore in uno sforzo di comprensione di ciò che gli viene narrato ma, anzi, gli rende agevole la lettura, lo guida nella corretta interpretazione della storia (che raramente presenta margini di ambiguità), gli presenta i personaggi, gli svela i retroscena di taluni fatti grazie alla tecnica dell'analessi (flashback), o gliene anticipa i futuri sviluppi tramite la prolessi (anticipazione).

  1. ^ David Herbert Lawrence, Phoenix, London, Heinermann 1936, pagg. 225 e segg., Traduzione di Corona Borchardt (Sansoni 1964).

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