Traffico di influenze illecite

reato nell'ordinamento giuridico italiano
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Il traffico di influenze illecite, nell'ordinamento giuridico italiano, è un reato previsto e punito dall'art. 346-bis del codice penale.

Delitto di
Traffico di influenze illecite
FonteCodice penale italiano
Libro II, Titolo II, Capo II
Disposizioniart. 346 bis
Competenzatribunale collegiale
Procedibilitàd'ufficio
Penareclusione da 1 a 4 anni e 6 mesi

Questo reato era presente in molti paesi europei da molti decenni; se ne chiedeva l'inserimento in tutti gli ordinamenti giuridici degli Stati firmatari della Convenzione europea per la lotta alla corruzione; in dottrina[1] era stata formulata una proposta per l'inserimento del reato nel codice penale. Infine, la legge Severino nel 2012 ha introdotto l'art. 346-bis nel codice penale con lo scopo di punire chi svolge attività di intermediazione su pubblici ufficiali con mezzi illeciti[2].

Nel sistema giuridico italiano il traffico di influenze illecite aveva assunto rilevanza penale per il tramite di un'interpretazione giurisprudenziale estensiva delle norme in tema di millantato credito, e segnatamente del primo comma dell'art. 346 c.p., letto in maniera tale da comprendere nel perimetro della tipicità anche le condotte consistenti nel vantare un “credito” reale ed effettivo presso un pubblico ufficiale/impiegato.[3]

La fattispecie penale

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Il testo della norma recita:

«Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 319 e 319 ter c.p., sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere a sé o ad altri denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio ovvero per remunerarlo in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, è punito con la reclusione da uno a tre anni.»

Elementi costitutivi della fattispecie sono dunque:

  • lo sfruttamento di una relazione con un pubblico ufficiale o con un incaricato di pubblico servizio;
  • la percezione, da parte dell'agente o di terzi, di denaro o di un altro vantaggio patrimoniale, o la promessa, all'agente o a terzi, di tale denaro o vantaggio;
  • la sussistenza di un elemento di natura finalistica, nel senso che il vantaggio percepito o promesso deve costituire:
    • il prezzo della mediazione illecita tra l'agente e il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio
    • oppure la remunerazione del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio per il compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio, o per l'omissione o il ritardo di un atto del suo ufficio; in questo secondo caso si tratta dunque di una condotta prodromica rispetto alla commissione di fatti corruttivi; inoltre l'agente, una volta conseguito il vantaggio patrimoniale come prezzo della sua mediazione, potrebbe anche decidere di non dar seguito a tale opera di influenza verso il pubblico ufficiale. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale.

La pena inoltre è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere a sé o ad altri denaro o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. L'aumento è previsto anche per i fatti commessi in relazione all'attività giudiziaria.

Critiche

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Il confine tra il reato in questione ed il lobbying lecito è stato giudicato troppo indeterminato poiché sarebbe privo di un suo proprio contenuto offensivo, visto e considerato che l'attività remunerata diretta a “influenzare” il pubblico ufficiale, magari attraverso il semplice arricchimento informativo del patrimonio conoscitivo del soggetto pubblico soprattutto quando costui non è un “tecnico” ma un politico, non può essere configurata come illecito penale[4]; parte della dottrina[5] ritiene che il delitto di traffico di influenze illecite si realizza quando il mediatore afferma di volere utilizzare un'influenza che deriva da rapporti personali, amicizia, relazioni familiari con il pubblico ufficiale. Il delitto, inoltre, rappresenta un reato di pericolo astratto, in quanto pone in pericolo l'imparzialità della pubblica amministrazione[6]

In dottrina l'indeterminatezza della fattispecie è stata criticata anche sotto un altro profilo: il traffico di influenze illecite sarebbe un reato con "consistenza criminosa inafferrabile"[7] perché - per non sfociare nel reato di corruzione - il denaro fornito al mediatore per corrompere il funzionario pubblico non deve essere effettivamente consegnato o promesso a quest'ultimo.

  1. ^ Pietro Semeraro, I delitti di millantato credito e traffico di influenza, Giuffré, 2000.
  2. ^ Enrico Buemi, Se il populismo penale condiziona il legislatore Archiviato il 24 marzo 2017 in Internet Archive., Il Dubbio, 23 marzo 2017.
  3. ^ Veneziani Paolo, LOBBISMO E DIRITTO PENALE. IL TRAFFICO DI INFLUENZE ILLECITE, Cassazione Penale 1 aprile 2016, pag. 1293B, fasc. 4.
  4. ^ Palazzo Francesco, LE NORME PENALI CONTRO LA CORRUZIONE TRA PRESUPPOSTI CRIMINOLOGICI E FINALITÀ ETICO-SOCIALI, Cassazione Penale 1 ottobre 2015, pag. 3389B, fasc. 10.
  5. ^ Pietro Semeraro, La riforma del traffico di influenze illecite, in Giustizia Penale, 2019, 11.
  6. ^ Pietro Semeraro, La riforma del traffico di influenze illecite, Giustizia Penale, 2019,11.
  7. ^ Traffico di influenze illecite? Una boiata pazzesca, dice il prof. Padovani, su ilfoglio.it. URL consultato il 20 gennaio 2022.

Bibliografia

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  • Pietro Semeraro, I delitti di millantato credito e traffico di influenza, Milano 2000, ed. Giuffré.
  • Avv. Pietro Semeraro, La riforma del traffico di influenze illecite, in Giustizia penale, fasc. 11, 2019.
  • Ilaria Merenda, Traffico di influenze e millantato credito, in Archivio penale, 2015.
  • Maurizio Stefanini, Traffico di influenza, in Il Foglio, 23 aprile 2012.
  • Giuseppe Losappio, Millantato credito e traffico di influenze illecite. Rapporti diacronici e sincronici (nota a Cass., sez. VI pen., 28 novembre 2014 (ud.); 11 dicembre 2014 (dep.) n. 51688), Cassazione Penale, fasc. 3, 2015, pag. 1036.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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