Coordinate: 41°07′N 16°52′E

Bombardamento di Bari: differenze tra le versioni

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
FrescoBot (discussione | contributi)
m Bot: categorie per anno
m fix template
Riga 4: Riga 4:
|Immagine = SS_John_W_Brown.jpg
|Immagine = SS_John_W_Brown.jpg
|Didascalia = Un cargo della classe Liberty
|Didascalia = Un cargo della classe Liberty
|Parte di = [[bombardamenti strategici durante la seconda guerra mondiale]]
|Parte di = [[bombardamenti strategici durante la seconda guerra mondiale]]
|Data = [[2 dicembre]] [[1943]]
|Data = [[2 dicembre]] [[1943]]
|Luogo = [[Bari]]
|Luogo = [[Bari]]

Versione delle 16:20, 26 feb 2012

Bombardamento di Bari
parte dei bombardamenti strategici durante la seconda guerra mondiale
Un cargo della classe Liberty
Data2 dicembre 1943
LuogoBari
Coordinate
Il template {{Coord}} ha riscontrato degli errori (istruzioni):
  • lat e long hanno diversa precisione
Mappa di localizzazione: Italia
Bombardamento di Bari
TipoBombardamento aereo
Forze in campo
Forze attaccantiBandiera della Germania Germania
Comandate daAlbert Kesselring
Wolfram von Richthofen
Forze di difesaBandiera del Regno Unito Regno Unito
Stati Uniti
Comandate daMark Wayne Clark
Arthur Coningham
Bilancio
EsitoVittoria tedesca. Gli Alleati rallentano l'avanzata verso nord.
Perdite attaccanti1 aereo abbattuto dalla contraerea italiana
Perdite difensori17 navi distrutte
1.000 morti tra civili e militari
voci di bombardamenti aerei presenti su Wikipedia

Il bombardamento di Bari avvenne il 2 dicembre 1943, nel corso della seconda guerra mondiale, ad opera della Luftwaffe tedesca.

Da una nave americana, carica di bombe all'iprite, fuoriuscì una grande quantità di sostanze tossiche che contaminò le acque del porto, provocando circa mille vittime.

Lo scopo dell'attacco aereo era quello di rendere inagibile il porto, nel quale affluiva la maggior parte dei rifornimenti per le truppe alleate di stanza nell'Italia meridionale. Furono affondate 17 navi, i cui relitti bloccarono il porto tre settimane, cosicché gli anglo-americani, in difficoltà nell'approvvigionare le proprie truppe, dovettero rallentare l'offensiva, consentendo ai tedeschi di attestarsi sulla linea Gustav.

Antefatto

In vista dell'imminente sbarco nel sud Italia, avvenuto a Taranto il 9 settembre del 1943, l'aviazione anglo-americana aveva risparmiato dai bombardamenti il porto di Bari, considerato strategico come futuro centro di approvvigionamento dei rifornimenti per l'armata che avrebbe aperto il fronte sud nella guerra contro la Germania Nazista.

Sin dalla seconda metà del mese di settembre, respinte le formazioni tedesche verso nord, il porto di Bari fu utilizzato da Inglesi e Americani per fare affluire le navi cariche di materiale, tra cui le famose Liberty, con i rifornimenti e le attrezzature necessarie per il fronte.

Il comando della Luftwaffe, intenzionata a rallentare l'avanzata della Armata alleata verso nord, aveva pianificato da tempo un attacco contro le navi che giornalmente attraccavano a Bari attendendo il momento propizio per eseguire tale operazione, che fu fissato per i primi giorni di dicembre in quanto la luna crescente avrebbe consentito una sufficiente visibilità ai piloti ma reso meno individuabili gli aeroplani raccolti per il bombardamento.

L'attacco

Il giorno propizio si verificò il 2 dicembre 1943. Un ricognitore Messerschmitt Me 210, volando ad alta quota, contò che nel porto di Bari erano ancorate oltre 40 navi. Parteciparono all'attacco 105 aeromobili, la maggior parte dei quali erano Junkers Ju 88, che decollarono da diversi aeroporti italiani e dalla costa balcanica, si riunirono in stormo a circa 30 miglia a nord est di Bari e raggiunsero la città volando a bassissima quota per sfuggire ai radar nemici.

Lo stormo compatto giunse in prossimità del molo foraneo del porto di Bari, illuminato dalla debole luce della luna al tramonto, alle 19,30 iniziando un massiccio bombardamento delle numerose navi ancorate sulle banchine.

Tra le numerose navi colpite ci fu anche la John Harvey, cargo della classe Liberty che, insieme al suo carico di esplosivi, trasportava circa 100 tonnellate di bombe all'iprite. Furono gravemente danneggiate anche le infrastrutture del porto e numerosi edifici della città vecchia. Alle 19.45 l'attacco ebbe termine procurando l'affondamento di 17 navi, numero identico a quello prodotto dall'aviazione giapponese nel porto di Pearl Harbor.

Il bilancio dell'attacco

Uno Junkers Ju 88 in volo

Furono affondate 17 navi:

  • 5 americane
  • 4 inglesi
  • 3 norvegesi
  • 3 italiane
  • 2 polacche

Furono inoltre gravemente danneggiate 7 navi di varia nazionalità e andarono perdute circa 40.000 tonnellate di materiali e munizioni.

Crollarono numerose case nella città vecchia, adiacente al porto, colpite dalle bombe o a causa dello scoppio delle navi cariche di munizioni, oltre ad alcuni edifici della città nuova colpiti dalle bombe.

Il porto rimase fermo per tre settimane prima di poter riprendere le attività.

Samuel Eliot Morison definì l'attacco aereo al porto di Bari come il più distruttivo, per gli alleati, dopo Pearl Harbour.[1]

L'iprite

Le conseguenze più gravi furono causate dallo scoppio della nave porta munizioni John Harvey che trasportava segretamente il suo carico di bombe all'iprite. L'iprite è un agente chimico vescicante che fu largamente usato nel corso della Prima guerra mondiale. Nel corso del secondo conflitto non fu usato nei campi di battaglia ma entrambi i contendenti ne avevano numerose scorte come deterrente nel caso l'avversario ne avesse fatto uso. Ovviamente il contenuto della John Harvey era top-secret e solo pochi membri dell'equipaggio della nave ne erano a conoscenza. Fortunatamente il vento da terra allontanò verso il largo la nube tossica generata dalle esplosioni ma l'iprite, che si era dispersa come miscela oleosa nelle acque del porto, contaminando gli indumenti, non risparmiò i marinai e i portuali che avevano trovato rifugio nelle acque del porto e i soccorritori che si erano adoperati per trarre in salvo i superstiti. Molti intossicati morirono a causa della non conoscenza, da parte del personale medico preposto al soccorso, dell'agente intossicante a cui le vittime erano state esposte. Si stima che le vittime tra civili e militari furono circa un migliaio. Di questi circa duecentocinquanta furono i civili baresi. Vi furono oltre ottocento militari ricoverati con ustioni o ferite. Gli intossicati dall'iprite furono 617, che furono ricoverati a Bari o trasportati in altri ospedali militari dell'Italia Meridionale o del Nord Africa. Di questi 84 morirono in Bari.[2] Fu colpito da irritazioni agli occhi o ustioni anche il personale sanitario.

Nel rapporto redatto dal colonnello Stewart F. Alexander della sanità militare degli USA, inviato a Bari, nei giorni successivi, datato 27 dicembre 1943, le ustioni furono classificate per causa N.Y.D. - not yet identified, - non ancora identificata. Secondo il Maggiore dell'U.S. Air Force Glenn B. Infield, autore del libro Disaster At Bari, fu lo stesso primo ministro inglese Winston Churchill a disporre che non fosse fatto cenno all'iprite nei documenti che riguardavano il disastro di Bari. Solo molti anni dopo la fine del conflitto i governi inglese e statunitense hanno ammesso la presenza di armi chimiche nella stiva della John Harvey.

Per alcuni decenni seguenti all'attacco furono numerosi i casi di contaminazione di pescatori baresi a causa degli ordigni d'iprite inesplosi che, ormai corrosi, rilasciavano il loro contenuto. Negli ultimi anni tali episodi si sono diradati.

Conseguenze sullo sviluppo del conflitto

Il bombardamento causò il rallentamento dell'avanzata alleata verso nord permettendo al generale tedesco Albert Kesselring di attestarsi e consolidare la Linea Gustav lungo la direttrice dei fiumi Garigliano e Sangro, con perno a Cassino. Il Porto di Bari rimase inutilizzabile per tutta la durata del conflitto, a causa delle navi affondate e della necessità di bonificarlo dalle bombe inesplose, rendendo meno efficaci le operazioni di approvvigionamento delle truppe alleate.

Note

  1. ^ Samuel Eliot Morison, History of United States Naval Operations in World War II. Vol. 9: Sicily-Salerno-Anzio, January 1943-June 1944, University of Illinois Press, 2001, 0252070399, 9780252070396, p.322
  2. ^ Textbook of Military Medicine, part III, Government Printing Office, Washington, pp.21, 1993

Bibliografia