Andromeda (torpediniera)

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Andromeda
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L’Andromeda è stata una torpediniera della Regia Marina.

Storia

Dopo l’entrata in servizio la nave effettuò una crociera nel Mar Egeo che la portò nelle isole del Dodecaneso[1].

Successivamente l’unità fu impiegata nelle acque del Mar Tirreno[1].

Nel 1937-1938 l’Andromeda partecipò alla guerra civile spagnola, effettuando azioni volte a contrastare il contrabbando di rifornimenti destinati alle truppe repubblicane spagnole[1].

Sempre durante il 1938 la nave prese parte alla celebre rivista navale «H» nel golfo di Napoli[2].

Nell’agosto 1938 l’Andromeda partecipò ad un ciclo di addestramento al largo dell’isola d’Elba[3].

All’inizio della seconda guerra mondiale l’Andromeda faceva parte della XII Squadriglia Torpediniere di base a Messina, che formava insieme alle gemelle Altair, Antares ed Aldebaran. Comandante dell’unità era, già dal 30 aprile 1940, il capitano di corvetta Enea Picchio[4].

Impiegata inizialmente nelle scorte dei convogli per il Nordafrica, la nave fu poi trasferita a quelle sulle rotte che dalla Puglia rifornivano le truppe italiane operanti in Albania[1].

Il 14 giugno 1940 l’Andromeda e le tre unità sezionarie lasciarono Trapani e furono inviate a La Spezia, in seguito al bombardamento di alcune città liguri da parte di una squadra navale francese[5].

Il 5 settembre le quattro unità della XII Squadriglia effettuarono la posa di un campo minato al largo della base della Valletta (Malta)[6].

Alle 13.30 del 28 ottobre l’Andromeda lasciò Augusta per trasferirsi a Brindisi, dove giunse l’indomani mattina scampando ad alcuni attacchi aerei britannici ed iniziando fin da subito le missioni di scorta, per la maggior parte notturna, dei convogli sulla rotta Brindisi-Valona[4].

Tra il 31 ottobre ed il 1° novembre Andromeda, Antares, Altair ed Aldebaran avrebbero dovuto appoggiare le Forze Navali Speciali nelle operazioni di sbarco a Corfù, ma tale sbarco venne cancellato poco dopo la partenza delle navi dalla base; le truppe imbarcate sulle unità da sbarco (due vetusti incrociatori, altrettanti anziani cacciatorpediniere, undici vecchie torpediniere, quattro incrociatori ausiliari, tre navi da sbarco e quattro MAS) vennero trasportate da queste a Valona[7].

Nella mattina del 12 novembre dello stesso anno la torpediniera partì da Bari venne inviata in pattugliamento con altre unità nel canale d’Otranto, nell’ambito delle misure conseguenti la distruzione, avvenuta la notte precedente, di un convoglio italiano da parte di una divisione di incrociatori inglesi[4].

Tra il 20 novembre ed il 21 dicembre l’Andromeda, che scortava le navi sulla rotta Brindisi-Valona, fu trasferita sulla più sicura rotta Bari-Durazzo[4].

Durante questo periodo, il 6 dicembre, l’Andromeda e la gemella Altair, dopo il siluramento da parte del sommergibile britannico Triton del piroscafo Olimpia (nel punto 41°06’ N e 18°39’ E), diedero la caccia all’unità subacquea nemica: a seguito di questa azione il Triton potrebbe essere stato affondato (il sommergibile tuttavia potrebbe anche essere uscito indenne dalla caccia ed essere poi saltato su mine od affondato in altre azioni antisom)[8][9].

Il 21 dicembre la nave tornò a prestare servizio tra Brindisi e Valona[4].

Tre giorni dopo la nave scortò da Bari e Brindisi a Valona, insieme all’incrociatore ausiliario Barletta, un convoglio composto dai trasporti truppe Firenze, Argentina ed Italia e dall’incrociatore ausiliario Narenta: alle 13.20 del 24 dicembre, tuttavia, il Firenze venne silurato dal sommergibile greco Papanikolis ed affondò portando con sé 93 uomini, mentre altri 874 poterono essere salvati dal Barletta[10]. L’Andromeda partecipò alle operazioni di soccorso recuperando 29 sopravvissuti e 13 cadaveri, tutti alpini[11].

Il 5 gennaio 1941 assunse il comando dell’Andromeda il tenente di vascello Corrado Villani[4].

L’indomani la nave, assieme alle gemelle Partenope, Pallade ed Altair ed ai cacciatorpediniere Alfieri, Carducci, Fulmine e Gioberti, bombardò le posizioni greche di Porto Palermo (Albania)[12].

Il 1° marzo la torpediniera bombardò nuovamente, unitamente al vecchio cacciatorpediniere Augusto Riboty, delle installazioni militari greche lungo la costa albanese[13].

Alle 5.50 dell’11 marzo 1941 la torpediniera lasciò Brindisi per scortare un convoglio in Albania[4]. Nel corso della giornata attraversò ripetutamente il canale d’Otranto in entrambi i sensi, per poi ormeggiarsi a Valona alle 21.30[4].

Da quel momento rimase dislocata a Valona con compiti di protezione delle navi alla fonda dai ripetuti attacchi di aerosiluranti britannici verificatisi in quel periodo[4].

Il 16 marzo 1941, al tramonto, l’Andromeda ricevette l’ordine di ormeggiarsi nelle acque ad est della penisola di Karaborum (baia di Valona)[4]. In tale zona erano state fatte ormeggiare sei navi mercantili; l’Andromeda si pose all’estremità meridionale della fila di navi all’ancora, mentre un’altra torpediniera, la vecchia Abba, si pose sul lato opposto: le due navi (che si trovavano comunque con le caldaie accese e pronte a muovere, se necessario) avrebbero protetto i trasporti con le loro artiglierie contraeree[4]. Ad est del gruppo erano ormeggiate la nave cisterna e da sbarco Sesia ed il grosso motopeschereccio Genepesca Seconda, adibite ad eventuali operazioni di soccorso nel caso qualche nave fosse stata colpita[4]. Le navi, oscurate, si posero alla fonda nei punti prestabiliti alle 18.30[4].

Alle 23.50 ed alle 23.58 un gruppo di 6 aerosiluranti Fairey Swordfish, inviati ad attaccare le navi ormeggiate in rada, fu avvistato dapprima dalla località di vedetta di Derni e poi rilevato dalla stazione aerofonica di Saseno[4]. La contraerea iniziò un tiro di sbarramento, poi interrotto in seguito al decollo di caccia italiani[4].

A mezzanotte gli aerei britannici giunsero sulla baia di Valona: avvertendo il rumore dei loro motori, l’Andromeda e l’Abba iniziarono ad effettuare fuoco di sbarramento[4]. Uno degli Swordfish, portatosi a 400 metri dall’Andromeda (la cui prua era orientata verso la riva), sganciò il proprio siluro perpendicolarmente rispetto alla torpediniera[4]. Su ordine del comandante Villani la nave mise le macchine avanti tutta per sottrarsi all’impatto, ma era troppo tardi: alle 00.02 del 17 marzo, qualche istante dopo che l’Andromeda si era messa in movimento, il siluro andò a segno sul fianco sinistro all’altezza del fumaiolo: l’esplosione devastò la sala macchine e qualche secondo dopo anche le caldaie, che erano state messe in pressione, scoppiarono: l’esplosione fu tale da estendere lo squarcio fino al lato di dritta[4][1]. Mortalmente colpita, la nave affondò quasi subito[4][1] nel punto 40°21’ N e 19°28’ E[14].

Perirono con la nave 50 uomini (45 risultarono dispersi, mentre solo cinque furono i corpi recuperati), mentre 87 poterono essere tratti in salvo[4]. Per tutti gli uomini dell’equipaggio, morti e sopravvissuti, venne decretata la Croce di Guerra al Valor Militare il 23 giugno 1941[4].

Il relitto dell’Andromeda giace sui fondali della baia di Valona, ad una profondità di circa di 45 metri[4].

Note

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