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Walt Whitman

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Walt Whitman in una foto del 1869 circa

Walter Whitman, meglio conosciuto come Walt Whitman (1819 – 1892), poeta, scrittore e giornalista statunitense.

Citazioni di Walt Whitman

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  • A paragone con la famosa epica greca, e altre minori dopo di quella, i supporti spinali della Bibbia sono semplici e magri. Tutta la sua storia, le biografie, le narrazioni, ecc., sono come perle su un filo, a indicare l'eterno bandolo della volontà e del potere Deifico. Tuttavia, con solo quella profondissima fede come impulso, e quella volontà Deifica come visibile, o invisibile, tema, essa spesso trascende i capolavori dell'Ellade, e invero ogni capolavoro. Le metafore audaci oltre il credibile, l'anima libera da ogni legge, stravagante agli occhi nostri, il fuoco dell'amore e dell'amicizia, il bacio fervido – povera di argomentazione e logica, ma insuperata in proverbi, nell'estasi religiosa, nei suggerimenti della mortalità comune e della morte, i grandi livellatori dell'uomo – lo spirito ogni cosa, le cerimonie e le forme delle chiese nulla – la fede illimitata, e la sua immensa sensuosità immensamente spirituale – una incredibile, onni-abbracciante non-mondanità e illetterata rozzezza che sa di rugiada (agli antipodi dall'assorbimento commerciale del secolo diciannovesimo e le sue morbose raffinatezze) – niente dubbi che spaccano il capello, non bronci malsani e sospiri, non «Amleto», non «Adonais», non «Thanatopsis», non «In Memoriam».[1][fonte 1]
  • Ai giovani letterati voglio dare tre bei consigli: Primo, non scrivete poesia; secondo idem; terzo idem.[fonte 2]
  • Calamus è parola assai usata da noi e designa tanto una pianta che il suo rizoma aromatico, con uno stocco alto tre piedi, cresce in tutti gli Stati settentrionali e centrali. Il senso simbolico, mistico che esso ha nel mio libro deriva probabilmente da questo fatto, che il Calamus presenta uno stelo erboso, grosso e robusto, ed è impregnato di un aroma soave, gradito, pungente.[fonte 3]
  • Guerra di Secessione? No, fatemela chiamare guerra dell'Unione. Seppure, comunque la si chiami, ci è ancora troppo vicina – troppo immensa, sì da oscurarci – i suoi rami ancora informi (ma certi) e protesi troppo lontano nel futuro – quelli più significativi e più poderosi ancora da nascere. Una grande letteratura dovrà tuttavia sorgere da quell'èra di quattro anni, quelle scene – un'èra in cui sono compressi secoli di passione nazionale, quadri di prima grandezza, tempeste di vita e di morte – una miniera inesauribile per le storie, il dramma, il romanzo e anche la filosofia dei popoli a venire – invero la vertebra della poesia e dell'arte (e anche del carattere personale) per tutta la futura America – di molto più grandiosa, a mio parere, se affidata a mani capaci, dall'assedio di Troia per Omero o delle guerre con la Francia per Shakspere.[fonte 4]
  • La Rivoluzione Americana del 1776 è stata null'altro che un grande sciopero, riuscito quanto agli obiettivi immediati – ma se un successo pieno, a giudicarlo col metro dei secoli e col grande pendolo del tempo, resta ancora da vedere. La Rivoluzione Francese è stata uno sciopero in tutti i sensi, e sciopero tremendo e spietato, contro secoli di cattiva paga, ingiusta distribuzione della ricchezza e monopolio ingordo dei pochi che diguazzavano in agi superflui di contro alla vasta massa del popolo lavoratore costretta alla vita più squallida.[fonte 5]
  • Senza dubbio ho meritato i miei nemici, ma non sono sicuro di aver meritato i miei amici.[2][fonte 6]
  • Uno scrittore perfetto potrebbe far sì che le parole cantino, ballino, bacino, portino bambini, piangano, sanguinino, s'infurino, pugnalino, rubino, cannoneggino, pilotino navi, saccheggino città, carichino di cavalleria o fanteria, o facciano qualunque cosa possano fare l'uomo o la donna o le forze della natura.[fonte 7]
  • Vi svelerò che i migliori soggetti letterari sono individualisti, lasciano uscire ciò che hanno dentro di loro, si danno una scossa completa e libero sfogo. Ciò è vero, specialmente in America, dove il pensiero non è ostacolato e gli uomini sono liberi.[fonte 2]

Foglie d'erba

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Senti, m'informò l'anima,
Scriviamo per il corpo (siamo infatti una cosa), versi tali,
Che, dopo morte, dovessi invisibil tornare,
O, più tardi, più tardi, in altre sfere,
A un gruppo di compagni i miei canti riprendere,
(In accordo con suono, alberi, venti della terra, tumulto delle onde),
Possa con soddisfatto sorriso continuare,
A sempre riconoscere miei questi versi – come, qui ed ora, per la prima volta,
Firmando per anima e corpo, il nome mio v'appongo,

Dediche

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  • Io canto l'individuo, la singola persona, | al tempo stesso canto la Democrazia, la massa. || L'organismo, da capo a piedi, canto, | la semplice fisionomia, il cervello da soli non sono degni della Musa: la Forma integrale ne è ben più degna, | e la Femmina canto parimenti che il Maschio. | Canto la vita immensa in passione, pulsazioni e forza, | lieto, per le più libere azioni che sotto leggi divine si attuano, | canto l'Uomo Moderno. (Io canto l'individuo, p. 7)
  • Tu che celebri il passato, | e hai esplorato l'esterno, la superficie delle razze, la vita che si è già mostrata, | che hai considerato l'uomo come creatura di politica, collettività, regnanti e preti, | io, abitante degli Allegani, che lo considero come è in se stesso, di suo pieno diritto, | e tasto il polso della vita che ben di rado si è mostrata, (il grande orgoglio dell'uomo in se stesso,) | io, cantore della Personalità, che abbozzo ciò che ancora deve essere, | io proietto la storia del futuro. (A uno storico, pp. 9-10)
  • Quando lessi il libro, la celebre biografia | questa dunque (mi dissi) ciò che l'autore chiama la vita d'un uomo? | Così qualcuno, quando sarò morto, scriverà la mia? | (Come se alcuno in effetti sapesse qualcosa della mia vita, | quando io stesso sovente considero il poco o nulla che so della mia vita vera, | solo pochi accenni, qualche fioco e pallido indizio, qualche traccia indiretta, | che cerco qui d'indagare per uso mio proprio.) (Quando lessi il libro, p. 14)
  • Agli Stati, a ciascuno di essi, a ogni città degli Stati: "Resistete molto, obbedite poco", | basta obbedire ciecamente una volta, per esser in pieno asserviti, | e una volta asserviti, nessun popolo, o stato, o città di questa terra può riconquistare la libertà. (Agli Stati, p. 15)
  • Imperturbabile, a mio agio con la natura, | signore o signora di tutto, sicuro nel mezzo delle cose irrazionali, | impregnato come esse, passivo, ricettivo, silente com'esse, | scopro che le mie preoccupazioni, povertà, fama, debolezze, delitti sono meno importanti di quanto pensavo, | verso il Golfo del Messico, o Mannahatta o il Tennessee, o l'estremo Nord o l'entroterra, | rivierasco, o boscaiolo, o agricoltore in ciascuno di questi stati, o in quelli della costa, o dei laghi o nel Canadà, | ovunque viva la mia vita, oh, essere equilibrato in ogni contingenza, | e confrontare la notte, le bufere, la fame, il ridicolo, gli accidenti, le sconfitte, come sanno le piante e gli animali. (Imperturbabile, pp. 16-17)
  • Poeti venturi! oratori, cantanti, musicisti venturi! | Non l'oggi può giustificarmi o spiegare ciò che io sono, | ma voi, novella stirpe originale, atletica, continentale, maggiore di quante si conoscano, | sorgete! spetta a voi giustificarmi. || Per conto mio scrivo appena una parola o due, che preludono al futuro, | non faccio che avanzare un istante, e volgermi, e rituffarmi nella tenebra. | Io sono colui che va in giro, né mai veramente s'arresta, che lascia cadere su di voi, per caso, uno sguardo e subito volge la faccia, | a voi commettendo il compito di provarlo e definirlo, | attendendosi le cose più importanti da voi. (Poeti venturi, pp. 19-20)
  • Straniero, se passando m'incontri e vorresti parlarmi, perché non dovresti parlarmi? | E perché non dovrei io parlare a te? (A te, p. 20)
  • Tu, lettore, che palpiti di vita, orgoglio, amore, al pari di me, | a te, dunque, i canti che seguono. (Tu lettore, p. 20)

Partito da Paumanok

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  • Con passo fermo e costante avanzano, e mai non si fermano, | successioni di uomini, Americani, cento milioni, | una generazione recita la sua parte e scompare, | un'altra generazione recita la sua parte e a sua volta scompare, | con facce volte di fianco, o all'indietro, verso me, per ascoltare | con sguardi retrospettivi puntati su di me. (2, p. 24)
  • Morti poeti, filosofi, preti, | martiri, artisti, inventori, governi da tempo scomparsi, | foggiatori di lingue su altre rive, | nazioni un giorno possenti, ora ridotte, rattratte e desolate, | non oso procedere oltre finché rispettosamente non v'abbia dato credito di quanto avete lasciato e a queste rive è pervenuto, | io l'ho esaminato (passandoci nel bel mezzo,) e riconosco che è ammirevole, | ritengo che nulla possa essere più grande, nulla meritare di più di quanto esso merita, | mentre lo contemplo con attenzione, a lungo, e poi lo congedo, | e assumo il mio posto, qui, con il mio tempo. (5, p. 26)
  • L'anima, | in sempiterno, – più a lungo di quanto la terra rimanga solida e bruna – più a lungo del flusso e riflusso delle onde. (6, p. 26)
  • Dico che nessun uomo è mai stato abbastanza devoto, neppure la metà del necessario, | nessuno ha mai adorato o venerato, neppure la metà del necessario, | nessuno ha ancora cominciato a considerare quanto divino egli sia, quanto indubbio il futuro. || Affermo che la vera, durevole grandezza di questi Stati dev'essere la loro religione, | altrimenti non si avrà mai né vera né durevole grandezza; | (né carattere né vita né durevole grandezza, | nessuna terra, né uomo, né donna senza religione.) (7, p. 28)
  • Quando nell'Alabama passeggiavo il mattino, | ho visto la femmina del mimo accovacciata sul nido tra i rovi, covare le sue uova. || Ho visto anche il maschio, | e mi sono fermato a udirlo da presso gonfiare la gola e giocondo cantare. || Mentre colà m'attardavo, mi venne in mente che ciò per cui cantava non si trovasse tutto là, | che non cantasse soltanto per la sua compagna o per sé, né che tutto gli venisse dagli echi ripercosso, | ma sottile, occulto, remoto, | trasmettesse un messaggio e un dono celasse per coloro che stavano nascendo. (11, pp. 30-31)
  • [...] e mostrerò che nulla può accadere che sia più bello della morte, [...]. (12, p. 32)
Walt Whitman, raffigurato sulla copertina di Foglie d'erba, edizione 1855
  • Chiedeva forse qualcuno di vedere l'anima? | Guarda la tua forma, il tuo aspetto, persone, sostanze, animali, alberi, i fiumi correnti, le rocce, le sabbie. || Tutti contengono gioie spirituali, che più tardi emanano; | come può il corpo vero morire e venire sepolto? || Del tuo vero corpo, e del vero corpo di ciascun uomo, di ciascuna donna, | ogni elemento sfuggirà alle mani dei becchini trasmigrando verso sfere appropriate, | seco recando quanto l'ha arricchito, dall'istante della nascita all'ora della morte. || I caratteri disposti dallo stampatore non rendono l'impressione, il significato, il senso principale, | più di quanto la sostanza e la vita di un uomo non lo rendano nel corpo e nell'anima, | indifferentemente, prima della morte o dopo la morte. || Osserva, il corpo comprende e afferma il significato, lo scopo principale, include e afferma l'anima; | chiunque tu sia, quanto superbo e divino è il tuo corpo, o ciascuna sua parte! (13, pp. 32-33)

Il canto di me stesso

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  • Io celebro me stesso, io canto me stesso, | e ciò che io suppongo devi anche tu supporlo | perché ogni atomo che mi appartiene è come appartenesse anche a te. (1, p. 41)
  • Credevi che mille acri fossero molto? credevi che la terra fosse molto? | Ti sei esercitato tanto per imparare a leggere? | Ti sei sentito così superbo perché intendevi il senso delle poesie? || Fèrmati oggi con me, fèrmati questa notte, e tu capirai l'origine di tutte le poesie, | possederai il bene della terra e del sole (sono rimasti ancora milioni di soli,) | non riceverai più le cose di seconda, terza mano, non dovrai più guardare attraverso gli occhi dei morti, né nutrirti di spettri nei libri, | non dovrai guardare attraverso gli occhi miei, né ricevere sensazioni per mezzo mio, | percepirai d'ogni parte suoni e li filtrerai attraverso te stesso. (2, pp. 42-43)
  • Un bambino mi chiese "Che cosa è l'erba?" recandone a me piene mani, | come rispondere al bimbo? Non meglio di lui so che sia. || Penso debba essere l'emblema della mia inclinazione, tessuto della verde stoffa della speranza. || O penso sia il fazzoletto del Signore, | un dono aulente, un ricordo, lasciato cadere apposta | che reca il nome del proprietario in qualche angolo, onde possiamo vederlo e notarlo e chiederci "Di chi sarà mai?" || O penso che l'erba sia un bimbo, il bimbo nato dalla vegetazione. (6, p. 46)
  • Alcuno ha mai ritenuto che il nascere sia una fortuna? | M'affretto a informarlo che uguale fortuna è morire, come io ben so. || Io valico la morte con il moribondo, la nascita con il bimbo appena lavato, e non sono tutto contenuto tra cappello e stivali, | e scruto multipli oggetti, non due che siano uguali, e tutti buoni, | buona la terra, buone le stelle, buoni i loro annessi. (7, p. 48)
  • O buoi, che fate tinnire il giogo e le catene, o v'attardate, in un'ombra di foglie, che mai esprimete con i vostri occhi? | Mi pare valga assai più d'ogni pagina a stampa, che abbia mai letto in vita mia. (13, p. 54)
  • [...] non definisco la tartaruga indegna perché non è qualcos'altro, [...]. (13, p. 54)
  • Vi hanno detto che è bene vincere le battaglie? | Io vi assicuro che è anche bene soccombere, che le battaglie sono perdute nello stesso spirito in cui vengono vinte. || Io batto i tamburi per i morti, | per loro imbocco le trombe, suono la marcia più sonora e più gaia. || Gloria a quelli che sono caduti! | A quelli che persero in mare le navi di guerra! | A quelli che scomparvero in mare! A tutti i generali che persero battaglie, e a tutti gli eroi che furono vinti! | A gli infiniti eroi ignoti, eguali ai più sublimi eroi famosi. (18, p. 61)
  • In ogni persona ritrovo me stesso, non uno che mi superi, non uno che valga un chicco d'orzo di meno, | e il bene e il male che dico di me lo dico pure di loro. (20, p. 63)
  • Io so che sono solido e sano, | verso me i convergenti oggetti dell'universo perpetuamente fluiscono, | tutti recano scritte per me, e io devo decifrare il senso di queste scritte. | Io so che sono immortale, | so che quest'orbita mia non può venir misurata dal compasso del falegname, | so che non dileguerò come l'ardente cerchio che nella notte un bambino traccia con un tizzone acceso. || Io so di essere augusto, non mi tormento lo spirito perché rivendichi i meriti suoi e si faccia capire, | vedo che le leggi elementari non chiedono mai scusa, | (ritengo dopo tutto di non comportarmi con orgoglio maggiore della livella, con l'aiuto della quale edifico la mia casa.) (20, p. 63)
  • Esisto come sono, e tanto mi basta, | se nessuno nel mondo lo sa me ne resto tranquillo, | se ognuno e tutti lo sanno me ne resto tranquillo. (20, p. 63)
  • Io sono il poeta della donna come lo sono dell'uomo, | e dichiaro che è grande esser donna così come è grande esser uomo, | e dichiaro che nulla è più grande della madre degli uomini. (21, p. 64)
  • Parola d'una fede che mai non inganna, | ora o in futuro è lo stesso per me, accetto il Tempo in senso assoluto. || Quello solo è senza pecche, quello solo colma e completa tutto, | solo quella mistica meraviglia elusiva completa tutto. (23, p. 67)
  • Walt Whitman, un cosmo, figlio di Manhattan, | turbolento, carnale, sensuale, che mangia, che beve e procrea, | non un sentimentale, non uno che si considera superiore agli uomini e alle donne, o vuole starsene in disparte, | non modesto più che immodesto. (24, p. 68)
  • Per mezzo mio le molte voci a lungo silenti, | voci dell'interminabile generazione di prigionieri e di schiavi, | voci degli ammalati, dei disperati, dei ladri, dei contraffatti aborti, | voci dei cicli di preparazione e accrescimento, | e dei fili che legano le stelle, degli uteri e della linfa paterna, | e dei diritti di quelli che altri calpestano sotto i piedi, | dei deformi, degli uomini volgari, idioti, sciocchi, disprezzati, | nebbia nell'aria, scarabei che rotolano la loro pallottolina di sterco. || Per mezzo mio le voci proibite, | voci di sesso e lussurie, voci velate cui io rimuovo il velo, | voci indecenti, da me schiarite e trasfigurate. (24, pp. 68-69)
  • Io credo nella carne e negli appetiti, | vista, udito, tatto sono miracoli, e ogni parte, ogni frammento di me è un miracolo. || Divino io sono al diritto e al rovescio e rendo santo ciò che tocco o mi tocca, | l'odore di queste ascelle è aroma più delicato delle preghiere, | e più di chiese questo mio capo, più di bibbie e di tutti i credi. (24, p. 69)
  • Contemplare un'alba! | La poca luce fa svanire le ombre diafane, immense, | l'aria sa di buono al mio palato. (24, p. 70)
  • Abbagliante, tremenda, con che rapidità m'ucciderebbe un'alba, | se io non potessi ora e sempre irraggiare un'alba da me. || Noi pure sorgiamo, abbaglianti e tremendi come il sole, | e fondiamo la nostra aurora, o anima mia, nella calma frescura dell'alba. (25, p. 71)
  • Odo il coro di un'opera, | e questa è veramente musica – musica che fa per me. || Un tenore ampio e fresco come la creazione mi soddisfa, | il mutevole cerchio della bocca verso l'armonia che mi colma. || Odo la soprano ben esercitata (paragonato al suo, che lavoro è mai questo?) | l'orchestra mi lancia per orbite più ampie di quelle di Urano, | riscuote in me ardori che ignoravo di possedere, | mi fa veleggiare, io sciaguatto a piedi nudi, leccati dalle onde indolenti, | vengo sferzato da un'aspra grandine irosa, perdo il fiato, | immerso nella melata atmosfera della morfina, strozzata la mia trachea da nodi mortali, | infine liberato a sentir nuovamente l'enigma degli enigmi, | e quello che noi chiamiamo l'Essere. (26, p. 73)
  • Tutte le verità attendono in tutte le cose, | esse non affrettano né ostacolano il loro manifestarsi [...]. (30, p. 75)
  • Io credo che una foglia d'erba non sia meno di una giornata di lavoro compiuto dagli astri [...]. (31, p. 76)
  • [...] un topo è miracolo sufficiente a sgominare sestilioni d'increduli. (31, p. 76)
  • Credo che potrei voltare la schiena e andare a vivere con gli animali, così placidi e contenti, | mi fermo e li contemplo per ore e ore. || Non s'affannano mai, non gemono per la loro condizione, | non vegliano al buio a piangere i loro peccati, | non mi danno disgusto discutendo sui loro doveri verso Dio, | nessuno è insoddisfatto, nessuno impazzisce per smania di possedere, | nessuno s'inginocchia davanti a un suo simile, né ad altri della sua specie vissuti migliaia di anni fa, | nessuno è rispettabile o infelice per la terra universa.[fonte 8] (32, p. 77)
  • [...] io sono quell'uomo, ho sofferto, ero là.[3] (33, p. 85)
  • Badate, io non faccio conferenze o un po' di carità, | quando io do, mi do tutto. (40, p. 93)
  • Non ti chiedo chi sei, è cosa di nessuna importanza per me, | non puoi fare nulla, né essere nulla, se non ciò che io racchiudo in te. (40, p. 94)
  • [...] la mia fede è la più grande delle fedi, la più piccola delle fedi, | comprende culti antichi e moderni, e quanto v'è tra l'antico e il moderno, | persuaso che tornerò su questa terra di qui a cinquemila anni, | attendo responsi dagli oracoli, onoro gli dèi, saluto il sole, | [...]. (43, pp. 98-99)
  • È ora che mi spieghi, – alziamoci in piedi. || Quanto è noto lo rigetto da me, | tutti gli uomini e le donne li scaglio in avanti, con me, nell'Ignoto. || L'orologio segna il minuto – ma che mai segna l'eternità? (44, pp. 100-101)
  • Le nascite ci hanno recato ricchezza e varietà, | altre nascite ci recheranno ricchezza e varietà. || Io non giudico uno più grande e uno più piccolo, | quanto riempie il suo spazio e il suo tempo è alla pari con il resto. (44, p. 101)
  • Schiudo l'abbaino di notte e contemplo i sistemi sparsi pel cielo, | e ciò che vedo non è che l'orlo dei più remoti sistemi. || Oltre, sempre oltre essi spaziano, in perenne espansione, | in là, più in là, ognora più in là. (45, p. 103)
  • Pochi quadrilioni di ere, pochi ottilioni di leghe cubiche, non turbano lo spazio né lo rendono impaziente, | non sono che parti, ogni cosa non è che una parte. || Spingi lo sguardo il più lontano che puoi, oltre quello è l'illimite spazio, | conta il più alto che puoi, oltre quello vi è il tempo infinito. (45, p. 104)
  • Tu mi rivolgi anche domande e io ti ascolto, | e ti rispondo che non posso risponderti, che le risposte devi trovarle tu. (46, p. 105)
  • Il ragazzo che amo diventa un uomo non per virtù derivata, ma di suo pieno diritto, | canaglia, piuttosto che non virtuoso per conformismo o paura [...]. (47, p. 106)
  • Ho dichiarato che l'anima non vale più del corpo, | e ho dichiarato che il corpo non vale più dell'anima, | e nulla, neppure Dio, per nessuno è più grande del suo proprio io, [...].[4] (48, pp. 107-108)
  • [...] e io ingiungo a ogni uomo, a ogni donna, che l'anima vostra resti serena e tranquilla anche davanti a un milione di universi. (48, p. 108)
  • Ascolto e scorgo Dio in ogni oggetto, e tuttavia Dio non lo capisco affatto, | come non capisco chi mai possa esiste più straordinario di me. || Perché dovrei desiderare di vedere Dio meglio di quanto non lo veda oggi? | Vedo qualcosa d'Iddio in ogni ora delle ventiquattro, in ogni momento di esse, | nei volti di uomini e donne vedo Dio, e nel mio volto riflesso allo specchio, | trovo lettere inviate da Dio per le strade, ognuna firmata col nome d'Iddio, | e le lascio dove si trovano, perché so che, ovunque mi rechi, | altre puntuali verranno, per sempre e per sempre.[5] (48, p. 108)
  • Questo vi è in me – non so che sia – ma so che vi è. || Contorto e sudato – poi il mio corpo si placa, riposa, | e dormo – dormo a lungo. || Non so che sia – è senza nome – è una parola non detta, | non si trova in alcun dizionario o favella, in simbolo alcuno. || Qualcosa che oscilla su più della terra su cui io oscillo, | la creazione è l'amica che con il suo abbraccio ad esso mi desta. | Potrei forse dire di più. Abbozzi! Io peroro i miei fratelli, le mie sorelle. | Vedete, fratelli e sorelle? | Non è né caos né morte – è forma, unione, piano – è la vita eterna – è la Felicità. (50, p. 110)
  • Forse che mi contraddico? | Benissimo, allora vuol dire che mi contraddico, | (sono vasto, contengo moltitudini.) (51, p. 110)
  • Anch'io non sono affatto domato, anch'io sono intraducibile, | e lancio il mio grido barbarico sopra i tetti del mondo.[6] (52, p. 111)
  • Mi lascio in eredità alla terra, per rinascere dall'erba che amo, | se ancora mi vuoi, cercami sotto la suola delle scarpe. (52, p. 111)
  • Se subito non mi trovi non scoraggiarti, | se non mi trovi in un posto cercami in un altro, | in qualche posto mi sono fermato e t'attendo. (52, p. 112)

Figli d'Adamo

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  • Canto il corpo elettrico, | gli eserciti di quelli che amo mi avvolgono e io li avvolgo. (Canto il corpo elettrico, 1[fonte 9])
  • L'amore del corpo dell'uomo o della donna elude ogni descrizione, il corpo stesso elude ogni descrizione, | quello del maschio è perfetto, e quello della donna è perfetto. (Canto il corpo elettrico, 2, p. 118)
  • [...] il nuotatore nudo in piscina, contemplato mentre nuota per il trasparente verde traslucido, o fluttua con il volto in alto e si lascia in silenzio cullare dalle onde dell'acqua, [...]. (Canto il corpo elettrico, 2, p. 119)
  • [...] la marcia dei pompieri nelle loro uniformi, il guizzare dei muscoli maschili sotto i pantaloni attillati e le cinture, | il lento ritorno dall'incendio, la loro pausa d'arresto quando l'allarme riprende a squillare, tendono attenti l'orecchio, | le attitudini naturali, perfette, varie, la testa piegata, il collo curvo, il calcolo; [...]. (Canto il corpo elettrico, 2, p. 119)
  • La donna contiene tutte le qualità e le tempre, | essa si trova a suo posto e si muove in perfetto equilibrio, | essa è tutte le cose debitamente velate, al tempo stessa passiva e attiva, | essa è fatta per concepire figlie non meno che figli, e figli non meno che figlie. (Canto il corpo elettrico, 5, p. 122)
  • Nel capo il cervello che elude tutto, | in esso e sotto esso la radice degli eroismi. (Canto il corpo elettrico, 7, p. 124)
  • Il corpo d'una donna all'incanto, | anche lei non è solo lei, ma la bulicante madre di madri, | ed è feconda di quelli che cresceranno e saranno i compagni delle madri. (Canto il corpo elettrico, 8, p. 125)
  • Se qualche cosa è sacra, il corpo umano è sacro. (Canto il corpo elettrico, 8, p. 126)
  • Il sesso tutto comprende, i corpi, le anime, | significati, prove, purezze, delicatezze, risultati, promulgazioni, | canti, comandi, salute, orgoglio, il mistero materno, il latte del seme, | ogni speranza, beneficienza, dono, tutte le passioni, gli amori, le bellezze e delizie della terra, | tutti i governi, i giudici, gli dèi, le persone del mondo che hanno sèguito, | tutto questo si trova nel sesso come parte di esso, giustificazione di esso. (Una donna m'attende, pp. 127-128)
  • Spontaneo me, Natura, | il giorno amante, il sole che ascende, l'amico con cui sono felice, | il braccio del mio amico, che sbadatamente mi posa sull'omero, il pendio della collina inalbato dai fiori del sorbo, | lo stesso nel tardo autunno, toni rossi, gialli, lionati, purpurei, verde chiaro, verde scuro, | la ricca trapunta dell'erba, animali e uccelli, la sponda riservata allo stato naturale, le primitive mele, i ciottoli, | ammirevoli frammenti goccianti, la negligente lista di uno dopo l'altro, quando mi capita di chiamarli a me o di pensarci, | le vere poesie, (ciò che chiamiamo poesie essendo immagini appena,) | le poesie dell'intimità notturna, di uomini come me, | questa poesia pendula, timida e celata che sempre porto con me, che tutti gli uomini portano con sé [...].[7] (Spontaneità, pp. 129-130)
  • Dall'oceano ondoso, la folla, gentilmente a me giunse una goccia, | e sussurrò, "Ti amo, tra poco muoio, | un lungo cammino ho percorso per guardarti appena, toccarti, | perché non potevo morire finché non t'avessi guardato, | per timore di perderti poi." || Ora che ci siamo incontrati, ci siamo guardati, siamo salvi, | ritorna in pace all'oceano, amore, | anch'io sono parte di quell'oceano, amore, non siamo così separati, | considera il grande globo, la coesione di tutto, la perfezione di tutto! | In quanto a me, a te, l'irresistibile mare ci sèpara, | e se per un'ora ci allontana, non potrà allontanarci per sempre; | non essere impaziente – un breve istante – sappi che io saluto l'aria, l'oceano, la terra, | ogni giorno al tramonto, per amor tuo, mio amore. (Dall'oceano ondoso la folla, p. 133)
  • [...] siamo mari che si confondono, siamo due di quelle onde gioconde, che a vicenda si accavallano e spruzzano, | siamo cosa è l'atmosfera, trasparente, ricettiva, pervia e impervia, | siamo neve, pioggia, freddo, tenebra, siamo ognuno il prodotto e l'influenza del globo, | abbiamo girato e girato finché siamo tornati a casa, noi due, | e abbiamo dato fondo a tutto, eccetto la libertà, a tutto, tranne la nostra gioia. (Quanto a lungo ci lasciammo ingannare, pp. 134-135)
  • Istanti nativi – quando mi piombate addosso – ecco ci siete, | ora datemi solo gioie sensuali, | datemi di saziare le mie passioni, datemi la vita volgare e nuda [...].[8] (Istanti nativi, p. 135)
Foto di Whitman scattata tra il 1860 e il 1865
  • Attraversai una volta una città popolosa, imprimendomi nel cervello, per più tardi servirmene, gli aspetti, le architetture, gli usi, le tradizioni, | ebbene adesso di tutta quella città ricordo appena una donna, che per caso incontrai e che mi trattenne per amore sincero, | un giorno dopo l'altro, una notte dopo l'altra si stava insieme – tutto il resto da tempo l'ho scordato, | ricordo, ripeto, soltanto quella donna che appassionata a me si stringeva, | di nuovo andiamo in giro, amiamo, di nuovo ci separiamo, | di nuovo mi afferra per mano, e non mi lascia partire, | me la vedo accosto, con quelle labbra tristi, che tremano in silenzio.[9] (Attraversai una volta una città popolosa, p. 136)

Calamus

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  • Pianterò folta la fratellanza, come alberi lungo tutti i fiumi dell'America, lungo le rive dei grandi laghi, per tutte le praterie, | renderò le città inseparabili, con le braccia l'una al collo dell'altra, | con l'amore dei camerati, | con il virile amore dei camerati. (Per te, o democrazia, pp. 145-146)
  • Del terribile dubbio delle apparenze, | della finale incertezza, che possiamo venir delusi, | che forse fiducia e speranza non siano, dopo tutto, che congetture, | che forse l'identità oltre la tomba sia appena una favola bella, | che forse le cose che percepisco, animali, alberi, uomini, colline, luminose acque fluenti, | i cieli di giorno e di notte, colori, densità, forme, siano (come indubbiamente sono) appena apparenze, e l'autentico vero debba ancora venir conosciuto, [...]. (Del terribile dubbio delle apparenze, p. 148)
  • Non t'assale mai il dubbio, o sognatore, che tutto può essere velo di maya, illusione? (Sei tu la nuova persona attirata da me?, p. 152)
  • Ignoto che passi, tu ignori con qual desiderio ti seguo degli occhi, | devi esser colui che cercavo, o colei che cercavo, (lo sento siccome in un sogno,) | in qualche luogo di certo ho trascorso con te una vita di gioia, | tutto ricordo, l'istante che ci incrociamo, mutevoli, amanti, casti, maturi, | tu sei cresciuto con me, sei stato fanciullo, fanciulla con me, | io ho mangiato con te, ho dormito con te, il tuo corpo non è più soltanto tuo, ha lasciato il mio corpo non più solo mio, | tu m'offri il piacere, passando degli occhi, del volto, della tua carne, e in cambio derivi piacere dalla mia barba, dal petto, e dalle mani, | io non ti devo più parlare, devo pensarti allorquando son solo, o solitario mi sveglio di notte, | e devo attendere, perché non dubito che torneremo ad incontrarci, | e allora dovrò cercare di non perderti più. (A un ignoto, p. 155)
  • Quando indago la gloria conseguita dagli eroi, e le vittorie dei grandi generali, non invidio i generali. (Quando indago la gloria conseguita, p. 157)
  • Due ragazzi che stretti ci avvinghiamo, | mai che uno lasci l'altro, | su e giù per le strade, e compiamo escursioni a Nord e a Sud, | godiamo della nostra forza, gomiti in fuori, pugni serrati, | armati e senza paura, mangiamo, beviamo, dormiamo, amiamo, | non riconoscendo altra legge all'infuori di noi, marinai, soldati, ladri, pronti alle minacce, | facciamo paura agli avari, ai servi, ai preti, respiriamo l'aria, beviamo acqua, danziamo su prati e per spiagge, | deprediamo città, disprezziamo i comodi, ci beffiamo degli statuti, cacciamo la debolezza, | compiamo le nostre scorrerie. (Due ragazzi che stretti ci avvinghiamo, pp. 157-158)
  • Qui le più fragili mie foglie, eppure quelle dureranno più a lungo, | qui velo e celo i miei pensieri che non mi piace rivelare, | eppure essi mi rivelano più d'ogni altra mia poesia. (Qui le più fragili foglie, p. 158)
  • Nessuna macchina per ridurre la mano d'opera, | nessuna scoperta ho fatto, | né sarò in grado alla mia morte di lasciare cospicui legati per fondare ospedali o biblioteche, | né il ricordo d'alcun atto di valore compiuto per l'America, | nessun successo letterario, o che riveli una grande intelligenza, nessun libro per gli scaffali, | ma poche canzoni che vibran nell'aria io lascio, | per i camerati e gli amanti. (Nessuna macchina, pp. 158-159)
  • [...] un giovane, che mi ama e che io amo, in silenzio si accosta, si siede accanto a me, per potermi serrare la mano, | a lungo, tra i rumori della gente che va e viene, brindisi, bestemmie, motti lubrichi, | là ce ne stiamo noi due contenti, felici d'essere insieme, scambiando rade parole, a volte nessuna. (Ho intravisto, p. 159)
  • Talvolta con uno che amo ribollo d'ira, al timore d'effondere un amore che non vien corrisposto, | ma ora penso che non esista amore non corrisposto, la corresponsione è sicura in un modo o nell'altro, | (ho amato una certa persona ardentemente, e il mio amore non fu corrisposto, | eppure per quell'amore ho scritto questi canti.) (Talvolta con uno che amo, p. 161)
  • Pieno di vita, adesso, ben saldo e visibile, | a quarant'anni, nell'anno ottantesimo terzo degli Stati, | a uno che vivrà di qui a un secolo, o di qui a secoli molti, | per te non ancor nato, | cercando di giungere a te. || Quando tu leggerai questi canti, io che visibile fui sarò diventato invisibile, | ora sei tu, ben saldo e visibile, che i miei poemi vivi e mi cerchi, | immaginando quanto felice saresti se io potessi trovarmi con te, diventare il tuo camerata; | ma fa come se fossi con te. (Non essere troppo sicuro che adesso non sono con te.) (Pieno di vita adesso, p. 163)

Salve, mondo!

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  • Entro me la latitudine s'amplia, la longitudine si allunga, | l'Asia, l'Africa, l'Europa appartengono all'est – all'America si è provvisto con l'ovest, | a circondare la massa della terra gira il caldo equatore, | a nord e a sud magicamente prillano i vertici dell'asse, | entro me vi è il giorno più lungo, il sole gira in cerchi obliqui e non tramonta per mesi, | allungato entro me, a tempo debito, il sole di mezzanotte sorge appena sull'orizzonte e subito tramonta, | entro me zone, mari, cateratte, foreste, vulcani, arcipelaghi, | Malesia, Polinesia e le grandi isole delle Antille. (2, pp. 167-168)
  • Che cosa vedi, Walt Whitman? | Chi sono coloro che saluti, e che, uno dopo l'altro, ti salutano? || Vedo una grande meraviglia tonda girare per lo spazio, | vedo minuscole fattorie, villaggi, rovine, cimiteri, prigioni, fabbriche, palazzi, baracche, abituri di barbari, tende di nomadi sulla superficie, | vedo da un lato la parte in ombra dove i dormienti dormono, e dall'altro lato la parte che il sole illumina, | vedo i rapidi mutamenti accurati della luce e dell'ombra, | vedo le terre lontane, vere e vicine ai loro abitanti, come la mia lo è a me. (4, p. 169)
  • Io vedo i marinai del mondo, | alcuni stanno superando un mare in tempesta, altri alle vedette montano di guardia di notte, | alcuni vanno alla deriva senza scampo, altri hanno malattie contagiose. (4, p. 170)
  • Vedo le linee telegrafiche del mondo, | vedo i fili che recano notizie di guerre, morti, perdite, guadagni, passioni della mia razza. (5, p. 171)

Canto della strada

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  • A piedi e con cuore leggero m'avvio per la libera strada, | in piena salute e fiducia, il mondo offertomi innanzi, | il lungo sentiero marrone pronto a condurmi ovunque voglia.[10] (1, p. 183)
  • Credo che le imprese eroiche vennero tutte concepite all'aperto, e così pure le libere poesie, | credo che io stesso potrei fermarmi qui e operare miracoli, | credo che quanto incontrerò sulla strada mi piacerà, e che a chiunque incontri io piacerò, | credo che chiunque io vedo dovrà essere felice. (4, p. 185)
  • A partire da quest'ora mi ordino libero di limiti e linee immaginarie, | vado ove voglio, totale e assoluto signore di me, | do ascolto agli altri, considerando bene quello che dicono, | m'arresto, ricerco, ricevo, contemplo, | dolcemente, ma con volontà incoercibile, mi svincolo dalle remore che trattenermi vorrebbero. || Inalo grandi sorsate di spazio, | l'est e l'ovest sono miei, il nord e il sud sono miei. || Sono più ampio e migliore di quanto pensassi, | ignoravo di possedere tante virtù. (5, p. 185)
  • Ora comprendo il segreto della costituzione delle persone migliori, | crescere all'aria aperta, mangiare e dormire in armonia con la terra. (6, p. 186)
  • Ecco la prova definitiva della saggezza, | la saggezza non supera la sua prova finale nelle scuole, | la saggezza non può venire trasmessa da chi la possiede a un altro che non la possiede, | la saggezza pertiene all'anima, non è suscettibile di prove, costituisce la propria prova, | s'applica a tutte le fasi e gli oggetti e le qualità ed è soddisfatta, è la certezza della realtà e dell'immortalità delle cose, dell'eccellenza delle cose; | esiste alcunché nella fluttuante visione di tutte le cose che fuori dell'anima l'evoca. (6, pp. 186-187)
  • Perché vi sono alberi sotto i quali non posso passare senza che vasti e melodiosi pensieri non scendano su di me? | (Ritengo che pendano da quegli alberi, d'estate come d'inverno, e facciano sempre cadere frutti sul mio passaggio;) | [...]. (7, p. 188)
  • La terra non stanca mai, | la terra è rozza, silente, incomprensibile a tutta prima, la Natura è rozza e incomprensibile a tutta prima, | non scoraggiarti, continua, vi sono cose divine con cura celate, | ti giuro, vi sono cose divine più belle di quanto può dirsi a parole. (9, p. 189)
  • Io e i miei canti non convinciamo con argomenti, similitudini, rime, | con la nostra presenza convinciamo. (10, p. 190)
  • [...] vecchiaia calma, distesa, ampliata dalla superba vastità universa, | vecchiaia che libera scorre sotto la dolce, incombente libertà della morte. (12, p. 191)

Sul ferry di Brooklyn

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  • Folle di uomini e donne, con indosso le solite vesti, quanto strani voi mi sembrate! | Sul ferry-boat centinaia e centinaia attraversano il fiume per tornare a casa, mi sembrano più strani di quanto potete supporre, | e voi che solcherete il fiume da riva a riva di qui a molti anni, rappresentate per me, rappresentate per le mie meditazioni, ben più di quanto possiate supporre. (1, p. 199)
  • Ah, che potrà esservi mai di più solenne per me e ammirevole, di Manhattan, incoronata dagli alberi delle navi? (8, p. 204)

Responsorio

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  • [...] ciò che sempre rivela il poeta è la presenza della gradita compagnia di cantori con le loro parole, | le parole dei cantori sono le ore e i minuti della luce, ma le parole del creatore di poesie sono la luce e la tenebra in generale, | il creatore di poesie stabilisce giustizia, realtà, immortalità, | la sua visione, la sua forza circondano le cose e la razza umana, | egli è la gloria, l'essenza delle cose e della razza umana, sino al punto cui sono pervenute. || I cantori non creano, solo il Poeta crea, | i cantori sono i benvenuti, vengono capiti, appaiono assai di sovente, ma raro è stato il giorno, e parimenti il luogo, della nascita di un creatore di poesie, di Colui che risponde, [...]. (2, p. 212)
  • [...] i veri poeti non sono i seguaci della bellezza, magli augusti signori della bellezza; [...]. (2, p. 213)
  • Le parole delle vere poesie vi danno ben più che poesie, | vi mettono in grado di creare voi stessi poesie, religioni, politiche, guerra, pace, norme di condotta, storie, saggi, vita quotidiana e ogni altra cosa, | equilibrano ranghi, colori e razze, credi e sessi, | non perseguono la bellezza, ma ne vengono perseguiti, | sempre, toccandoli, accosto a loro, segue la bellezza, che arde dal desiderio ed è malata d'amore. (2, p. 213)

Nostro antico fogliame

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  • [...] la rondine sfrecciante, la distruttrice d'insetti, che in autunno s'avvia verso il sud, ma all'inizio della primavera torna la nord, [...]. (p. 220)
  • [...] si ritrae col trionfale cinguettío, l'uccello-tiranno che del becco, per scherzo, ha punto il corvo – e anch'io cinguetto in trionfo, [...]. (p. 221)
  • [...] nelle foreste del Canadà, l'alce, grosso come un bue, cui i cacciatori non concedono scampo, disperato s'impenna sulle zampe posteriori e springa su le anteriori, gli zoccoli affilati come coltelli [...]. (p. 222)

Un canto di gaudi

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  • Oh, la gioia del mio spirito – dalla gabbia è fuggito – e come un fulmine guizza! | Non basta più avere il globo intero e una certa estensione di tempo, | voglio migliaia di globi, e tempo infinito. (p. 225)
  • Oh, mentre vivo, essere un signore della vita, non uno schiavo,[11] | affrontare la vita come un conquistatore possente, | non irritazioni né accidia, non più lamenti o critiche, o scherni, | a queste leggi superbe dell'aria, dell'acqua, della terra provare l'anima impervia, | e che nulla d'estremo potrà mai più soggiogarmi. (p. 231)
  • Oh, lottare con scarsissime possibilità, impavido affrontare nemici! | Trovarsi completamente solo contro essi, provare quanto si può sopportare! | Fissare negli occhi lotta, tortura, prigione, l'odio di tutti! | Salir sul patibolo, avanzare contro le bocche dei fucili con indifferenza assoluta! | In verità esser Dio![11] (p. 232)
  • Oh, fare ormai della propria vita un poema di gaudi novelli! | Danzare, batter le mani, esultare, urlare, saltare, balzare, rullare sempre, sempre fluttuare, | essere un marinaio del mondo, che salpa verso tutti i porti, | essere un vascello (guardate infatti le vele che al sole spiego e al vento,) | un vascello che gonfia veloce le vele, ed è colmo di ricche parole, colmo di gaudi.[11] (p. 232)

Canto della scure

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  • [...] la fitta fila di muratori con la cazzuola nella destra, che costruiscono il lungo muro laterale, duecento piedi dalla facciata alla parete di fondo, | il flessibile alzarsi e piegarsi dei dorsi, il tintinnìo continuo della cazzuola contro i mattoni, | i mattoni, uno dopo l'altro, vengono inseriti, ciascuno a suo posto, a regola d'arte, e sistemati con un colpo del manico della cazzuola, | i mucchi dei materiali, la calce sul giornello, continuamente riempito dai manovali, [...]. (3, p. 238)
  • [...] nulla dura quanto le qualità personali. (4, p. 239)
  • Una grande città è quella che ha gli uomini, le donne più grandi, | anche con poche meschine capanne resta la più grande città della terra. (4, p. 240)

Canto dell'esposizione

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  • Ah, poco importa all'operaio, | quanto vicino a Dio il suo lavoro l'esalti, | l'Operaio amoroso nel tempo e nello spazio. (1, p. 251)
  • Da tanto tempo, tanto, cresce l'erba, | da tanto tempo, tanto, cade la pioggia, | da tanto tempo la terra gira. (1, p. 251)
  • Non devi temere, o Musa! usi e giorni del tutto nuovi ti accolgono e circondano, | onestamente ammetto che questa razza è strana, assai strana, di foggia novella, | e tuttavia è sempre l'antica razza umana, identica e dentro e fuori, | volti e cuori gli stessi, gli stessi affetti e desiderî, | lo stesso antico amore, bellezza e modo d'usarne gli stessi. (5, p. 254)
  • Abbasso i temi della guerra! abbasso, anzi, la guerra stessa! | Scomparso dalla mia vista orripilata, per mai più ritornarvi, quello spettacolo di anneriti cadaveri monchi! | Quello scatenato inferno, quelle incursioni sanguinose, che s'addicono alle feroci tigri, ai lupi dalla pendula lingua, non a uomini ragionevoli, [...]. (7, p. 257)
  • Tu, anche tu, un Mondo, | con le tue immense geografie, molteplici, diverse, remote, | da te fuse in un solo – in un comune globale linguaggio, | un destino comune e indivisibile, un destino per Tutti. (8, p. 259)

Canto della sequoia

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  • Mormorato dalle miriadi delle sue foglie, | scendeva dall'erma vetta, alta duecento piedi, | emanava dal tronco possente e dai rami, dalla corteccia spessa un buon piede, | questo canto delle stagioni e del tempo, canto non solo del passato, canto anche del futuro. (1, p. 266) [descrivendo una sequoia]
  • Senza mestizia cadiamo, maestosi fratelli, | noi che con tanta grandezza il nostro tempo abbiamo compiuto, | con il calmo consenso della Natura, con tacita immensa delizia, | noi salutiamo ciò per cui operammo in passato, | e cediam loro il campo. | Per essi, da lungo tempo predetti, | per più superba razza, destinata essa pure a compiere il tempo suo con grandezza, | a quelli noi abdichiamo, in essi sopravviviamo, monarchi della foresta! (1, p. 266)
  • Il fulgido, aurato spettacolo della California, [...]. (2, p. 269)
Foto di Whitman nel 1870
  • Arrivato pur ora a un mondo novello, è vero, ma da gran tempo in formazione, | vedo il genio moderno, figlio del reale e dell'ideale, | che sgombra il terreno per l'ampia umanità, la vera America, erede di un così maestoso passato, | per costruire un ancor più maestoso futuro. (3, p. 270)

Un canto per le occupazioni

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  • Noi consideriamo divine le bibbie e le religioni – e io non dico che non siano divine, | ma dico che sono nate da voi, e da voi altre volte posson nascere ancora, | non esse impartiscon la vita, voi impartite la vita, | le foglie non vengono sparse dagli alberi, né gli alberi espressi dalla terra, più di quanto esse non vengano espresse da voi. (3, p. 277)
  • Ascoltatemi bene, o miei diletti scolari, | le dottrine, le politiche, la civiltà sgorgano tutte da voi, | statue, monumenti, tutte le cose in qualsiasi luogo iscritte trovano la concordanza in voi, | la sostanza delle storie e delle statistiche, risalendo nel passato quanto lo consentono i documenti, si trova in voi in questo momento, e così i miti e le leggende, | se in questo momento voi non respiraste e camminaste qui, dove sarebbero tutte? | I più famosi poemi sarebbero polvere, le orazioni e i drammi sarebbero un nulla. (4, p. 278)
  • Volete cercare molto lontano? infine tornerete per certo, | trovando il meglio, o l'equivalente del meglio, in quanto vi è più familiare, | nel prossimo vostro scoprendo le persone più dolci, più forti, più amabili, | la felicità e la saggezza non in un altro luogo, ma in questo, non in un'ora diversa, ma in questa, | l'uomo nel primo che vedi o che tocchi, e sempre nell'amico, nel fratello, nel vicino più prossimo – la donna nella madre, nella sorella, nella moglie, | [...]. (6, p. 281)

Un canto della terra che ruota

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  • Credevi che quelle fossero le parole, quei suoni deliziosi usciti dalle bocche dei tuoi amici? | No, le vere parole sono ben più deliziose di quelle. || I corpi umani sono parole, miriadi di parole, | (nelle migliori poesie ricompare il corpo, maschile o femminile, ben formato, naturale, vivace, | in ogni sua parte abile, attivo, ricettivo, senza vergogna o necessità di vergogna.) (1, p. 285)
  • Tra le infinite sorelle, | tra le danze infinite delle sorelle, | sorelle centripete e centrifughe, sorelle più giovani e più vecchie, | la bella sorella che noi conosciamo danza anche lei con quelle. (1, p. 287)
  • Giuro che la terra sarà certamente completa per colui o colei che sarà completo, | resta sbreccata e rotta solo per colui o colei che resta sbreccato e rotto. (3, p. 289)
  • Gioventù, ampia, lussureggiante, amorosa – gioventù piena di grazia, di vigore e di fascino, | lo sai che la Vecchiaia può succedere a te con grazia uguale, vigore e fascino uguale? (Gioventù, giorno, vecchiaia e notte, p. 291)

Uccelli di passo

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  • In questa nostra spaziosa terra, | tra l'incommensurabile volgarità e le scorie, | chiuso e sicuro nel suo cuore centrale, | si annida il seme della perfezione. (Canto dell'Universale, 1, p. 295)
  • Guardate! la torreggiante scienza dagli occhi aguzzi, | come da eccelsi picchi domina il mondo moderno, | e promulga una serie di comandi assoluti. (Canto dell'Universale, 2, p. 295)
  • [...] l'amore, come luce, tutto avvolge silente, [...]. (Canto dell'Universale, 2, p. 297)
  • Tutto il passato lasciamo alle spalle, | noi sfociamo in un mondo più recente, più energico e più vario. | Freschi e forti stringiamo in pugno il mondo, un mondo di fatiche e di avanzate, | pionieri! O pionieri! (Pionieri! O pionieri!, p. 298)
  • Noi siam del Colorado, | dai picchi immani, dalle grandi sierre, dai superbi altipiani, | da miniere e burroni, dal sentiero di caccia noi giungiamo, | pionieri! O pionieri! (Pionieri! O pionieri!, p. 299)
  • Chiunque tu sia, ora colloco la mia mano su di te, che sia tu la mia poesia, | sussurro, accostando le labbra agli orecchi tuoi, | ho amato molte donne e molti uomini, ma non amo nessuno più di te. | Oh, sono stato negligente e sciocco, | da lungo tempo avrei dovuto accostarmi a te, non avrei dovuto ciarlare d'altro se non di te, né cantare se non di te. (A te, p. 302)
  • I pittori hanno dipinto i loro gruppi affollati e la figura centrale, | dal capo della figura centrale effondendo un nimbo di luce dorata, | ma io dipingo miriadi di capi, e nessuno senza il suo nimbo di luce dorata, | per virtù della mano mia dal cervello di ogni uomo, ogni donna, il nimbo s'effonde e fluisce per sempre fulgente. (A te, p. 303)
  • Tu ancora ignori chi sei, tutta la vita hai sonnecchiato sopra te stessa, | le tue palpebre è come se fossero rimaste quasi sempre chiuse, | ciò che hai fatto ti viene ricompensato con derisioni, | (i tuoi risparmi, sapere, preghiere, se non ti vengono ricompensati con derisioni, in che modo ti vengono ricompensati?) || Le derisioni non sono te, | sotto quelle, entro quelle, confusamente io t'intravedo | [...].[12] (A te, p. 303)
  • Non v'è dote alcuna in uomo o in donna che in te non riscontro, | non esiste virtù o bellezza in uomo o in donna, che non esista anche in te, con uguale eccellenza, | non v'è coraggio, tenacia in altri, che non sia uguale anche in te, | non v'è piacere in serbo per altri, che ugual piacere non sia in serbo anche per te. (A te, p. 304)
  • Io nulla impongo come doveri, | ciò che altri offrono come doveri, io come impulsi vitali, | (dovrei offrire come doveri i battiti del cuore?) (Io e i miei, p. 307)

Un corteo per Broadway

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  • Manhattan, dal volto superbo! | Camerati d'America, fino a noi l'Oriente è venuto. || Sino a noi, mia città, | dove le nostre alte bellezze di ferro e di marmo si schierano lungo i due lati, perché si cammini nello spazio che s'apre fra esse, | oggi gli Antopodi nostri sono arrivati. (2, p. 316)

Relitti marini

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  • Fuor della culla, che perenne dondola, | dalla gola del mimo, spola musica, | dalla mezzanotte del nono mese, | per le sterili sabbie e i campi oltre, dove il bambino, fuggito dal letto, errava solo, nudo il capo, i piedi, | giù dallo spiovente alone, | su dal mistico gioco delle ombre, che s'intrecciavano e torcevano quasi fossero vive, | [...].[13] (Fuor della culla che perenne dondola, p. 323)
  • Due insieme! | Spirino i venti al sud, spirino i venti al nord, | e bianco spunti il giorno, nera la notte cali, | a casa, o fiumi e montagne lontano da casa, | sempre cantando, non badando al tempo, | mentre noi due insieme.[14] (Fuor della culla che perenne dondola, p. 324)
  • Demone o uccello! (l'anima del fanciullo esclamò,) | è per il tuo amore che canti? o non è forse per me? | Perché io che ero un fanciullo, con lingua dormiente, ora ti ho udito, | e in un momento ho capito perché sono nato, mi sono desto, | e già mille cantori, mille canti, più limpidi, più sonori e più tristi del tuo, | mille echi gorgheggianti han cominciato a vivere in me, per non morire mai più. (Fuor della culla che perenne dondola, p. 328)
  • [...] qualcosa vi è d'immortale anche più delle stelle, | (molte le sepolture, molti i giorni e le notti che svaniscono,) | qualcosa che anche più a lungo durerà del fulgido Giove, | più a lungo del sole e dei satelliti che intorno gli girano, | o delle sorelle radianti, le Pleiadi. (Di sera sulla spiaggia, p. 336)
  • Il mondo sottomarino, | foreste al fondo del mare, i rami, le foglie, | ulve, ampi licheni, strani fiori e sementi, folte macchie, radure, prati rosa, | variegati colori, pallido grigio e verde, porpora, bianco e oro, la luce vi scherza fendendo le acque, | esseri muti nuotano laggiù tra le rocce, il corallo, il glutine, l'erba, i giunchi e l'alimento dei nuotatori, | esseri torpidi brucano fluttuando laggiù, o arrancano lenti sul fondo, | il capodoglio affiora a emettere lo sbuffo d'aria e vapore, o scherza con la coda, | lo squalo dall'occhio di piombo, il tricheco, la testuggine, il peloso leopardo marino, la razza, | e passioni, guerre, inseguimenti, tribù, affondare lo sguardo in quei fondi marini, respirando quell'aria così densa, che tanti respirano, | il cambiamento, volgendo lo sguardo qui, o all'aria sottile respirata da esseri, che al pari di noi su questa sfera camminano, | il cambiamento più oltre, dal nostro mondo passando a quello di esseri, che in altre sfere camminano. (Il mondo sottomarino, p. 337)

Lungo la strada

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  • Della proprietà — come se persona adatta a possedere le cose, non potesse, a suo piacere, appropriarsi tutto e incorporare tutto in se stesso o se stessa; | [...]. (Pensieri, p. 349)
  • Quando udii il dotto astronomo, | quando le prove e le cifre mi vennero incolonnate dinanzi, | quando mi mostrarono le carte e i diagrammi, da addizionare, dividere, calcolare, | quando, seduto nell'anfiteatro, udii l'astronomo parlare, e venire a lungo applaudito, | come improvvisamente, inesplicabilmente mi sentii stanco, disgustato, | finché, alzatomi, fuori scivolando me ne uscii tutto solo, | nella mistica umida aria notturna e, di tratto in tratto, | alzavo gli occhi a contemplare in silenzio le stelle.[15] (Quando udii il dotto astronomo, pp. 349-350)
  • Ahimè, ahi vita! domande come queste mi perseguono, | d'infiniti cortei d'infedeli, città gremite di stolti, | io che sempre rimprovero me stesso, (perché chi più stolto di me, chi di me più infedele?) | d'occhi che invano anelano la luce, scopi meschini, lotta rinnovata ognora, | dagli infelici risultati di tutto, le sordide folle anfananti, che in giro mi vedo, | degli anni inutili e vacui degli altri, e io che m'intreccio con gli altri, | la domanda, ahimè, che così triste mi persegue, – Che v'è di buono in tutto questo, o Vita, ahimè? | RISPOSTA | Che tu sei qui – che esistono la vita e l'individuo, | che il potente spettacolo continua, e che tu puoi contribuirvi con un tuo verso.[16][17] (Ahimè! Ahi vita!, p. 350)
  • Quanto tu fai e dici è per l'America un miraggio pendulo, | tu ignori la Natura – la politica della Natura, non ne hai mai appreso la grande ampiezza, rettitudine, imparzialità, | e non hai visto ancora che solo cose siffatte s'addicono agli Stati, | e che tutto ciò che è inferiore, o presto o tardi, dovrà svanire dagli Stati.[18] (A un Presidente, p. 351)
  • Errando col pensiero per l'Universo, vidi il poco che è Buono procedere con moto costante verso l'immortalità, | e il vasto tutto che è Male correre a fondersi, perdersi, dileguare. (Errando col pensiero, p. 353)
  • Sulla strada liscia corre l'allenato corridore, | magro, nervoso, gambe muscolose, | leggermente vestito, corre proteso in avanti, | coi pugni lenti, le braccia un poco sollevate. (Il corridore, p. 353)
  • D'obbedienza, fede e adesione, | mentre me ne sto in disparte e osservo, trovo qualcosa di molto commovente nello spettacolo di grandi masse di uomini, che seguono la guida di quelli che negli uomini non credono. (Pensiero, p. 354)
  • Una maschera, che per natura perennemente cela, | le nasconde il volto, le forme, | i mutamenti, le trasformazioni d'ogni ora, ogni istante, | ne dissimula perfino il sonno. (Celata, p. 354)
  • Sulla Giustizia — come se la Giustizia potesse mai essere altro che l'identica e vasta legge esposta dai giudici naturali e dai salvatori, | come se potesse essere questa o quella cosa, a seconda delle varie decisioni. (Pensiero, p. 355)
  • Dell'Uguaglianza — come se potesse danneggiar me concedere agli altri le stesse opportunità, i diritti che godo io — come se non fosse indispensabile ai miei diritti che anche altri li godano al pari di me. (Pensiero, p. 355)
  • In te veggo l'estuario che si dilata e dispiega maestoso, a misura che sfocia nel gran mare. (Alla vecchiaia, p. 356)
  • Luoghi e tempi – che cosa è in me che li confronta tutti, ovunque, sempre, e mi mette a mio agio, come fossi a casa mia? | Forme, colori, densità, odori – che cosa è in me che corrisponde loro? (Luoghi e tempi, p. 356)

Rulli di tamburo

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  • O superba! O Manhattan, la mia, la senza pari! | Oh, la più forte nell'ora del pericolo, in una crisi! O più genuina dello stesso acciaio. (Dapprima, o canti, come preludio, p. 361)
  • E tu, e tu, Mannahatta, dei vascelli signora, | vecchia matrona di questa turbolenta città, altiera e amica, | spesso in tempo di pace, tra le ricchezze, fosti pensosa e corrugavi in segreto la fronte in mezzo ai tuoi figli, | mentre ora sorridi di gioia, mentre ora esulti, o vecchia Mannahatta. (Dapprima, o canti, come preludio, p. 361)
  • Ma io non sono né il mare né il sole rosso, | non sono il vento con le sue risate da fanciulla, | non l'immenso vento che fortifica, non il vento che frusta, | né lo spirito che perenne frusta il suo corpo al terrore e alla morte, | ma sono quello che giunge invisibile, e canta, canta, canta, | che chiacchiera nei ruscelli, in rovesci s'abbatte sulla terra, | che gli uccelli conoscono nei boschi il mattino e la sera, | che conoscono le sabbie della riva, e l'onda che fischia, e quella bandiera, e il pennone, | che guarriscon lassù. (Canto della bandiera all'alba, p. 368)
  • Tuona ed avanza, Democrazia! colpisci con il tuo vindice pugno! (Giorni sorgete dai vostri insondabili abissi, 3, p. 375)
  • Ah, colline e declivi di Brooklyn, m'accorgo che siete ben più preziosi di quanto pensassero i vostri proprietari, | nel mezzo di voi sorge molto antico un accampamento, | sorge per sempre l'accampamento di quella morta brigata. (Storia del centenario, p. 382)
  • Datemi il fulgido sole silente, con tutti i raggi in pieno splendore, | [...]. (Datemi il fulgido sole silente, 1, p. 394)
  • Oh, vedo che cosa cercavo fuggire, e allora affronto, soffoco i miei gridi, | e vedo l'anima mia calpestare tutto ciò che prima chiedeva. (Datemi il fulgido sole silente, 1, p. 395)
  • Guarda la luna che sorge, | su dall'est la rotonda luna argentea, | bella sui tetti, sinistra, fantomatica luna, | luna silente, immensa. (Canto funebre per due veterani, p. 397)
  • Profetica sorse una voce dalla carneficina, | non disperate, l'affetto saprà risolvere i problemi della libertà, | quelli che s'amano tra loro diverranno invincibili [...]. (Profetica sorse una voce, p. 398)
  • O mondo, prendi nota, svaniscono le stelle d'argento, | la via lattea si sfilaccia, la bianca trama si stacca, | trentotto carboni, sinistri e ardenti, | scarlatti, pregnanti, che ingiungono di non toccare, | ora e d'ora innanzi da queste rive balenano. (O mondo, prendi nota, p. 403)
  • O ragazzotto delle praterie, con il volto abbronzato, | prima che tu giungessi al campo, giungevano spesso doni graditi, | lodi e regali giungevano e nutriente cibo, finché, tra le reclute, | tu silenzioso arrivasti, con nulla da offrire – ma scambiando uno sguardo, | ed ecco, tu mi hai offerto più di tutti i doni del mondo.[19] (O ragazzotto delle praterie, p. 403)
  • Addio, soldato, | tu delle ardue campagne militari (che abbiamo condiviso,) | della rapida marcia e della vita in campo, | dell'aspra contesa tra i fronti opposti, le lunghe manovre, | rosse battaglie con le loro stragi, l'eccitamento, il rude terribile gioco, | incanto di tutti i cuori valorosi e virili, il corso del tempo da te e dai simili tuoi pienamente ricolmo, | di guerra e di espressioni di guerra. || Addio, mio caro camerata, | la tua missione è compiuta – ma io più bellicoso, | io e questa mia anima battagliera, | continuiamo la nostra campagna, | per strade ignote che s'aprono tra imboscate nemiche, | per più d'un'aspra sconfitta, più d'una crisi, sovente battuto, | in marcia, in marcia ognora, per combattere sino all'estremo – sì, qui stesso, | a più fiere, a più tremende battaglie do espressione.[fonte 10] (Addio a un soldato, pp. 407-408)

In memoria del presidente Lincoln

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  • L'ultima volta che i lilla fiorirono davanti la porta, | e la gran stella a ponente si tuffò presto nel buio, | io presi il lutto, che rinnoverò ogni volta che torni primavera. || Primavera che sempre ritorni e sempre mi rechi una trinità, | i fiori dei lilla perenni, la stella che cala a ponente, | ed il pensiero di colui che amo. (Quando i lilla per l'ultima volta, 1, p. 413)
  • Nell'aiola davanti la porta d'antica fattoria, accanto allo steccato verniciato di bianco, | s'aderge il fusto slanciato del lilla, con le sue foglie a forma di cuore, d'un verde intenso, | con più di un aguzzo corimbo che delicato spunta, con il denso profumo che amo, | ogni foglia un miracolo – e da quel fusto presso la porta, | con i suoi fiori d'un colore soave, e foglie a forma di cuore d'un verde intenso, | un rametto con i suoi fiori spicco. (Quando i lilla per l'ultima volta, 3, p. 413-414)
  • Nei remoti meandri del padule, | celato un timido uccello gorgheggia il suo canto. || Solitario il tordo, | l'eremita che vive in disparte, e che fugge le case, | canta a se stesso un canto. || Canto di gola che sanguina, | canto di vita che sgorga dalla morte (perché ben so, caro fratello, | che se tu non potessi cantare certamente moriresti.) (Quando i lilla per l'ultima volta, 4, p. 414)
  • O Capitano! o mio Capitano![20][21] sorgi, odi le campane, | sorgi, per te è issata la bandiera, per te squillano le trombe, | per te i fiori e ghirlande legate con i nastri – per te le nere rive, | perché te invoca la ondosa folla, volgendo il volto ansiosi; | ecco, o Capitano, o diletto padre, | con il braccio ti sostengo il capo, | non è che un sogno che, sopra il ponte, | sei caduto, freddo, morto. (O Capitano! o mio Capitano!, p. 423)
La foto di Walt Whitman appesa sulla parete dell'aula dove Keating tiene le sue lezioni, nel film L'attimo fuggente (1989)
  • Questa polvere fu già un uomo,[20] | dolce, semplice, giusto e risoluto, sotto la cui cauta mano, | contro il più turpe delitto che la storia ricordi in ogni terra, ogni tempo, | fu salvata l'Unione degli Stati. (Questa polvere fu già un uomo, p. 425)

Presso la riva dell'Ontario azzurro

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  • Avete mai pensato che potesse esistere un solo essere supremo? | Ne possono esistere in numero infinito esseri supremi – non è che uno annulli l'altro, più che una vista annulla un'altra, o che una vita annulla un'altra. || Tutto è accessibile a tutti, | tutto è per gli individui, tutto è per te, | nessuna condizione è interdetta, né quella di Dio, o di altri. (3, p. 430)
  • Io sono colui che percorre gli Stati con lingua affilata, interrogando chiunque incontra, | chi siete voi che volevate vi si dicesse ciò che già sapevate? | Chi siete voi che volevate soltanto un libro che approvasse le vostre assurdità? (4, p. 431)
  • Età, precedenti, da lungo tempo hanno accumulato materiale senza una direzione, | l'America reca i costruttori, porta i propri stili. || Gli immortali paesi dell'Asia, d'Europa hanno compiuto il loro lavoro e ad altre sfere sono passati, | resta un lavoro da compiere, superare quant'essi hanno fatto. (5, pp. 431-432)
  • Mantenere uniti gli uomini in virtù di carte, sigilli, obblighi, a nulla serve, | solo sa mantenere uniti gli uomini ciò che aggrega ogni cosa in un vivo principio, come ciò che unisce le membra di un corpo, le fibre di una pianta. (9, p. 436)
  • L'opera vostra sa resistere al paragone dei campi aperti, sulla riva del mare? | Posso assorbirla, come assorbo cibo, aria, che poi riappaiono nella mia forza, nel passo, nel volto? (12, p. 440)
  • [...] la prova di un poeta dovrà venire severamente differita finché il suo paese non l'abbia affezionatamente assorbito, così come lui ha assorbito il paese. (13, p. 441)
  • Io sono per quelli che non vennero mai sottomessi, | per uomini e donne il cui carattere non venne mai domo, | per quelli che leggi, teorie, convenzioni mai potranno domare. (17, p. 445)

Ruscelletti autunnali

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  • O minute conchiglie, così curiosamente circonvolute, così limpide, fredde, silenti, | contro il timpano, la tempia pressate, non vorrete, minute conchiglie, | evocar murmuri ed echi, la musica fioca e remota dell'eternità, | verso l'interno soffiata, dalle antiche rive, canti per l'anima delle praterie, [...]. (Come naturalmente, p. 452)
  • Quando la Libertà abbandona il suo posto non è la prima a partirsi, né la seconda o la terza, | attende che prima siano partiti tutti. (A un rivoluzionario europeo che è stato vinto, p. 466)
  • Quando non vi sono più ricordi né di eroi né di martiri, | e quando tutta la vita e le anime tutte di uomini e donne sono estromesse da una parte del mondo, | allora soltanto la libertà, o l'idea della libertà, viene estromessa da quella parte del mondo, | e l'infedele gode autorità assoluta. (A un rivoluzionario europeo che è stato vinto, p. 466)
  • Reputavamo la vittoria grande? | Lo è, infatti – ma adesso mi sembra che anche la sconfitta, quando inevitabile, è grande, | e che la morte e lo sgomento sono grandi. (A un rivoluzionario europeo che è stato vinto, p. 466)
  • Visione di pietà, onta e afflizione, | orribile pensiero, un'anima in prigione.[22] (La cantante nella prigione, p. 471)
  • [...] il pettirosso là dove saltella, occhi brillanti, petto marrone, | con il musico, limpido canto all'aurora e con il canto al tramonto, | o che svola tra gli alberi del verziere, per fabbricare il nido alla sua sposa, [...]. (Un trillo per la stagione dei lilla, p. 474)
  • Che possiamo cantare per te, che in questa tomba giaci? | Quali mai lapidi, quali iscrizioni incidere per te, milionario? | La vita che hai trascorso non la sappiamo, | se non che consumasti i tuoi giorni nel commercio, nei covi dei sensali, e in sorte non ti toccarono né eroismo, né guerra, né gloria.[23] (Abbozzo per una tomba, 1, p. 475)
  • Malfattori in tribunale, | detenuti nelle celle, assassini condannati e legati da catene e manette, | chi sono io mai, che non mi trovo sotto processo o in prigione? | Violento, diabolico quanto altri mai, perché non ho ai polsi ferri, perché non ne ho alle caviglie? (Malfattori in tribunale, p. 481)
  • Càlmati – sta' a tuo agio con me – io sono Walt Whitman, liberale e fiorente al pari della Natura, | e finché il sole non t'escluderà non t'escluderò io, | finché le acque non rifiuteranno di brillare per te, né di frusciare le foglie per te, le mie parole non rifiuteranno di brillare, frusciare per te. (A una povera prostituta, p. 482)
  • Ma come? ma chi fa tanto caso d'un miracolo? | In quanto a me, non conosco nient'altro che miracoli, | [...] | per me ogni ora di luce o di tenebra è un miracolo, ogni pollice cubo di spazio è un miracolo, [...]. (Miracoli, p. 484)
  • Per me il mare è un perenne miracolo, | i pesci vi guazzano – gli scogli, – il moto delle onde – i vascelli con uomini a bordo, | si danno mai miracoli più strani? (Miracoli, p. 485)
  • [...] un uomo è una grande cosa sulla terra e per l'eternità, ma ogni minimo elemento della grandezza dell'uomo si sviluppa dalla donna; | prima l'uomo è modellato nella donna, poi può modellare se stesso. (Sviluppato dai viluppi, p. 487)
  • Che sono io, infine, se non un bambino, compiaciuto dal suono del mio nome, che lo ripeto e continuo a ripeterlo? | Mi fermo in disparte a udirlo – non me ne stanco mai. (Che sono io, infine, p. 487)

Della bufera musica superba

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  • Sorgi, anima mia, abbandona il riposo, | porgi l'orecchio, non perdere nulla, è a te che tutto mira, | fende la notte, nella mia stanza entra, | per te, anima mia, canta e danza! (1, p. 501)
  • [...] odo i dervisci cantilenare monotoni canti, interrotti da urli frenetici, mentre frullano in giro, ognora voltandosi verso la Mecca, [...]. (4, p. 505)
  • Fate che possa contenere tutti i suoni (grido in questi miei folli tentativi,) | riempitemi di tutte le voci dell'universo, datemi i loro palpiti, quelli anche della Natura, | tempeste, acque, venti, opere e cori, marce e danze, | esprimete, versate, perché io tutto vorrei contenere. (5, p. 507)

Una via per le Indie

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  • Il Passato – la cupa èra non sondata mai! | Il bulicante golfo – i dormienti e le ombre! | Il passato – infinita grandezza del passato! | Il presente che è mai, se non un pollone del passato? | (Come una pallottola forgiata, proiettata, se supera una certa linea continua ad avanzare, | così il presente, interamente forgiato, proiettato dal passato.) (1, p. 511)
  • Ecco, anima, non scorgi forse sin dall'inizio il disegno di Dio? | Che la terra sia percorsa e da reti allacciata, | che le razze, i vicini sposino, siano sposati, | traversati gli oceani, accostato il remoto, | e che le terre vengano tutte saldate insieme. (2, p. 512)
  • Ah Genovese, il tuo sogno! il tuo sogno! | Secoli dacché dormi nella tomba, | la riva che scopristi conferma il sogno tuo. (3, p. 513)
  • O vasto globo, che per lo spazio salpi, | tutto coperto di visibile forza e di bellezza, | che la luce del giorno con la feconda tenebra spirituale alterni, | indicibili, alte processioni di sole, luna, stelle incalcolabili lassù, | sotto, la multiforme erba, le acque, gli animali, gli alberi, le montagne, | a scopi imperscrutabili, qualche celata intenzione profetica, | per la prima volta mi pare che il mio pensiero cominci ad abbracciarti. (5, p. 514)

Preghiera di Colombo

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Foto di Walt Whitman nel 1872
  • È il pensiero del profeta che esprimo, o invece vaneggio? | Che so mai della vita? e che so mai di me? | Non so neppure il lavoro mio, passato o presente, | vaghi, ognora mutevoli presagi mi si schiudono dinanzi, | di mondi migliori, più nuovi, dei possenti parti loro, | m'irridono, mi confondono. (p. 527)

I dormienti

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  • A me sembra che ciascuna cosa nella luce, nell'aria dovrebbe essere felice, | chiunque non è rinchiuso in una bara dentro la fossa nera sappia che non deve lamentarsi. (2, p. 534)
  • La pace è sempre bella, | il mito del cielo significa pace e notte. (7, p. 539)
  • Che i riformatori scendano di bigoncia, donde perennemente blaterano – e un idiota o un pazzo monti in lor vece in bigoncia; | che i giudici e i malfattori si scambino tra loro – i secondini vengano chiusi in prigione – coloro che erano prigionieri abbiano essi le chiavi; | che coloro che non hanno fede nella nascita e non nella morte, guidino gli altri. (Trasposizioni, p. 541)

Pensare al tempo

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  • Non passa giorno, minuto, secondo senza una nascita, | non passa giorno, minuto, secondo senza un cadavere. (2, p. 545)
  • Le notti uggiose passano, passano i giorni uggiosi, | l'indolenzimento di stare tanto a letto passa, | il medico, dopo aver tanto tergiversato, finalmente risponde con quel terribile sguardo silente, | i bambini accorrono piangendo, si mandano a chiamare fratelli e sorelle, | le medicine ormai inutili, restano sullo scaffale (tempo l'odore della canfora ha impregnato le stanze), | la mano fedele del vivo non abbandona la mano del moribondo, | le tremule labbra si poggiano leggere sulla fronte del moribondo, | cessa il respiro, il cuore cessa di battere, | il cadavere resta disteso sul letto, e i vivi lo guardano, | ed è palpabile come palpabili sono i vivi. (2, pp. 545-546)
  • E ho sognato che lo scopo, l'essenza della vita conosciuta, che passa, | consiste nel formare e determinare la nostra personalità per la vita ignota, che è eterna. (8, p. 551)
  • Giuro che nulla esiste tranne l'immortalità! | Che il delicatissimo schema esiste per essa, per essa le fluttuanti nebulose, che si rapprendono per essa! | Ogni preparazione è per essa — e la personalità è per essa — e la vita e la materia sono interamente per essa. (9, p. 552)

Sussurri di morte divina

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  • Anima, oseresti tu, adesso, | con me avviarti verso l'ignota regione, | dove non vi è terra sotto il piede, né sentiero alcuno da seguire? || Non carta, non guida, | non voce che suoni, non tocco di mano umana, | non volto di florida carne, né labbra, né occhi in quella terra. || Non la conosco, anima, | non la conosci tu, davanti non si spalanca che il vuoto, | tutto è imprevisto in quella regione, in quella inaccessibile terra. || Fin quando non si sciolgano i legami, | tutti, se non gli eterni, Tempo e Spazio, | non tenebre, non forza di gravità, senso o limite che più ci rinserri. || D'un balzo emergeremo, per fluttuare, | in Tempo e Spazio, o anima, preparàti per essi, | eguali, infine pronti (o gioia! o ricompensa di tutto!) a soddisfarli, o anima. (Anima, oseresti tu adesso, p. 555)
  • Sussurri di morte divina in murmure odo, | notturno balbettìo a fior di labbra, sibilanti corali, | passi che dolci salgono, mistiche brezze che ondeggiano basse e gentili, | fruscìo di fiumi invisibili, onde d'una fiumana che corre, fluisce, | (è uno sciacquìo di lacrime? sono le onde insondabili delle lacrime umane?) || Vado a stento verso il cielo, nubi in immensi cumuli, | vagare con lenta mestizia, silenziose gonfiarsi, mischiarsi, | a volte con un astro remotissimo, infelice, velato, che appare e scompare. || (Quasi piuttosto un parto, qualche solenne nascita immortale; | sulle frontiere all'occhio impenetrabili, | transita un'anima.) (Sussurri di morte divina, pp. 555-556)
  • Un silenzioso, paziente ragno | osservai che su breve promontorio se ne stava isolato, | e notai come ad esplorare il vasto vuoto in giro, | lanciava filamenti e ancora filamenti da se stesso, | ognora sdipanandoli, affrettandosi, senza stancarsi mai. (Un silenzioso paziente ragno, pp. 562-563)
  • Oh, adesso vedo che la vita non può rivelarmi tutto, come non lo può il giorno, | vedo che devo attendere ciò che la morte mi rivelerà. (Notte sulle praterie, p. 565)

Madre, tu, con la tua stirpe uguale

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  • Come un possente uccello sulle sue ali libere, | lieto solca gli spazi più eccelsi montando al cielo, | tale il pensiero che di te, America, pensare vorrei, | tale il canto che vorrei offrirti. (2, p. 569)

Dal meriggio alla stellata notte

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  • Udite, un burrascoso trombetta, un musicista inconsueto, | per l'aria invisibile plana, strane note squillando stanotte. || Ti odo trombetta, e tenendo l'orecchio, le tue note io capto, | che ora si versano, turbinandomi intorno come tempesta, | ora basse, fioche, ora perdute in lontananza. (Il mistico trombetta, 1, p. 584)
  • Suona ancora trombetta! e come tema, | scegli ora il tema che li comprende tutti, il solvente e fissatore, | l'amore, che è il polso di tutto, il sostegno e l'angoscia, | il cuore dell'uomo e della donna completamente all'amore, | non altro tema che amore – l'amore che incastra, comprende e tutto soffonde. (Il mistico trombetta, 5, p. 586)
  • [...] l'amore, che è tutto il mondo per gli innamorati – l'amore, che si beffa di tempo e di spazio, | l'amore che è giorno e notte – l'amore che è il sole, la luna e le stelle, | l'amore che è purpureo, sontuoso, greve di profumi, | non altre parole se non parole d'amore, non altro pensiero che d'amore. (Il mistico trombetta, 5, p. 586)
  • Lieto, esultante inno conclusivo! | Nelle tue note vibra un celeste vigore, | marce di vittoria – l'uomo libero di catene – conquistatore infine; | inni al Dio universo dall'universo uomo – gioia assoluta! | Rinnovellata una razza emerge – un perfetto universo, tutta gioia! | Donne e uomini fioriscono in saggezza, innocenza, salute, tutta gioia! | Baccanali turbinati di risa, colmi di gioia! | Guerre, dolori, sofferenze estinte – la terra virulenta alfine monda – non resta più che gioia! | L'oceano è colmo di gioia – l'atmosfera è tutta di gioia! | Gioia! Gioia! in libertà, in devozione, in amore! gioia nell'estasi della vita! | È sufficiente esistere! è sufficiente respirare! | Gioia! gioia! gioia, sempre e ovunque! (Il mistico trombetta, 8, p. 588)
  • [...] la verità tutto include, ed è compatta, esattamente come compatto è lo spazio, | e non si trova falla o lacuna nella somma della verità – ma che tutto è verità senza eccezione veruna, [...]. (Tutto è verità, p. 593)
  • Profumatemi questo libro, o rose rosse! | Con le onde tue lavane dolcemente ogni riga, o Potomac! | Dammi un poco di te, o primavera, prima che lo finisca, da includerlo tra le pagine sue! | Di te porpureo mattino su le colline, prima che lo finisca! | Erba eterna, di te! (Dal vasto Potomac, p. 599)
  • Affretta, allora, affretta, o stendardo dell'uomo – con passo costante, sicuro, supera i più superbi stendardi regali, | supremo dirigiti al cielo, o simbolo possente – ascendi più alto di tutti, | o bandiera di stelle! Mio drappo costellato! (O costellato drappo, p. 601)
  • Ciò che meglio in te scorgo, | non è il fatto che, quando procedi per le strade maestre della storia, | non offuscato dal tempo rifulge il guerriero spirito della vittoria, | o che occupasti l'ufficio che già fu di Washington, reggendo il paese in tempo di pace, | o che tu sei la persona che l'Europa federale festeggiò, attorno a cui si affollò venerabile l'Asia, | che il periplo compisti del mondo d'un passo uguale marciando alla pari coi re; | ma che passi in paesi stranieri, camminando accanto ai re, | quei re delle praterie d'Occidente, del Kansas, Missouri, Illinois, | i milioni dell'Ohio, dell'Indiana, compagni, cittadini, soldati, tutti in prima fila, | non visti compirono con te il periplo del mondo, d'un passo uguale marciando alla pari con te, | e vennero così giustificati.[24] (Ciò che meglio in te scorgo, p. 602)

Canti di addio

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  • Come s'approssima l'ora, cupa una nube, | un terrore insondabile mi abbuia. || Partirò, | per alcun tempo traverserò gli Stati, ma verso dove, ma quanto a lungo, dire non so, | forse ben presto, un giorno, una notte, mentre starò cantando, si spegnerà la mia voce. || O libro! O canti! tutto per questo solo? | Dobbiamo appena arrivare a questo inizio di noi? – eppure, anima, basta; | anima, noi siamo apparsi, incontestabilmente – e tanto deve bastare. (Come s'approssima l'ora, p. 607)
  • Vedo la Libertà, compiutamente armata e vittoriosa e molto superba, con la Legge da un lato e dall'altro la Pace, | trio stupendo, fare in comune una sortita contro l'idea di casta; | quali storici effetti sono questi cui così rapidi ci accostiamo? (Anni dell'èra moderna, p. 608)
  • Splendore del giorno concluso, che mi sollevi e mi colmi, | ora profetica, ora che il passato riadduci! | E mi gonfi la gola, te, divino egualitarissimo, | voi, terra e vita finché brilli l'ultimo raggio, io canto. (Canto al tramonto, p. 613)
  • Il desiderio ineffabile, che vita e terra mai soddisfarono, | passeggero, ora salpa, va' e cerca di scoprire. (Il desiderio ineffabile, p. 620)
  • A che servono quelli del noto, se non per accedere, entrare nell'Ignoto? | A che servono quelli della vita se non per la Morte? (Cancelli, p. 620)
  • I miei canti cessano, io li abbandono, | da dietro lo schermo dove mi celavo avanzo in persona, esclusivamente per te. || Camerata, questo non è un libro, | chi tocca questo libro tocca un uomo, | (è forse notte? siamo soli forse qui insieme?) | Sono io quello che tu tieni e che ti tiene, | da queste pagine balzo tra le tue braccia – la morte mi fa risorgere. (Addio, p. 623)

Foglie dei settant'anni

Primo allegato

Walt Whitman nel 1887
  • Marina bellezza che al sole distesa ti scaldi! | da un lato ti bagna l'intero tuo oceano, ampio, ricco di traffici, di vapori, di vele, | ti carezza dall'altro l'atlantico vento, violento o gentile – possenti chiglie scivolan nere lontano, | isola dei dolci rivi di acqua potabile – di aria e di terra balsamiche! | Isola della spiaggia salina, della brezza, dell'onda. (Paumanok[25], p. 627)
  • A quelli che sono falliti nelle loro grandi aspirazioni, | agli ignoti soldati, in prima fila caduti, | ai macchinisti calmi e fedeli – ai viaggiatori ardenti troppo – ai piloti sui loro vascelli, | a più d'un nobile canto o dipinto non riconosciuto – un monumento vorrei innalzare, coperto d'alloro, | alto, ben alto su tutto – a quanti vennero anzi tempo rapiti, | da qualche strano spirito di fuoco posseduti, | spenti da morte precoce. (A quelli che sono falliti, p. 628)
  • Semplice, fresco, gentile emergendo sul finir dell'inverno, | quasi mai non vi fossero stati artifici di moda, affari, politica, | dall'angolo solatio, annidato nell'erba – dorato, innocente, come l'alba tranquillo, | il dente di leone, il primo di questa primavera, ci mostra il suo volto fidente. (Il primo dente di leone, pp. 630-631)
  • Centro di figlie uguali, uguali figli, | tutti, tutti in pari grado cari, piccoli, adulti, giovani o vecchi, | robusta, grande, bella, paziente, capace, ricca, | perenne quanto la Terra, la Libertà, la Legge e l'Amore, | sublime, salubre una Madre torreggia seduta, | sull'adamàntino trono del Tempo.[26] (America, p. 631)
  • Un dopo l'altro i grandi attori si ritirano, | da quel dramma sublime sull'eterno teatro della storia, [...]. (Morte del generale Grant, p. 638)
  • Che precipiti flutti umani in te, di giorno e di notte! | Quali passioni, vincite, perdite, ardori solcano le acque tue! | Quali gorghi di male, di felicità e dolore, ti ostacolano! | Quanti curiosi sguardi inquisitori – lampi d'affetto! | Ghigno d'invidia, scherno, disprezzo, occhiate di speranza e desiderio! | Tu porta – tu arena – tu con le tue file e con i tuoi gruppi che stendono a miriadi! | (Potessero le tue pietre, le sponde, le facciate narrare le loro incredibili storie; | le tue lussuriose vetrine, gli alberghi immensi – i tuoi marciapiedi spaziosi;) | tu con i piedi che senza tregua scivolano, saltellano, strascicano! | Tu come il mondo stesso multicolore – come la vita infinita, bulicante ed ironica! | Tu mascherata, vasta, indicibile mostra e lezione! (Broadway, p. 641)
  • Nulla mai viene veramente perduto, o può venir perduto, | non nascita, identità, forma – oggetto veruno del mondo, | non vita, non forza, né cosa alcuna visibile; | le apparenze non debbono ingannare, sfera mutata non deve confonderti il cervello. Vasti sono il Tempo e lo Spazio – vasti i campi della Natura. | Il corpo torbido, vecchio, freddo – ceneri che sono rimaste dai fuochi d'un tempo, | la luce offuscata degli occhi tornerà a splendere [...].[27] (Continuità, p. 643)
  • I due antichi, semplici problemi ognora intrecciati, | assillanti, elusivi, presenti, delusi, impugnati, | da ogni successiva generazione insoluti, trasmessi, | oggi alla nostra – e noi faremo lo stesso. (Vita e morte, p. 648)
  • E chi sei tu? chiesi all'acquata, che dolcemente pioveva, | ed essa, strano a dirsi, mi diede questa risposta, che ora traduco: | della Terra sono il Poema, rispose dunque l'acquata, | eterna mi sollevo impalpabile dalla terra e dal mare insondabile, | su verso il cielo, donde, in forma vaga, totalmente mutata eppure sempre la stessa, | discendendo a lavare le aridità, i detriti, gli strati di polvere del mondo, | e quanto in essi, senza il mio ausilio, sarebbe seme latente, non nato; | perenne di giorno, di notte, restituisco la vita all'origine mia, la abbellisco e purifico; [...]. (La voce della pioggia, p. 648)
  • Avete imparato la lezione solo da quelli che vi ammiravano, erano teneri con voi, vi cedevano il passo? | Non avete imparato le più gagliarde lezioni da quelli che vi respingono, che si serrano in schiera contro di voi? o che vi trattano con disprezzo, o vi contendono il passo? (Lezioni più gagliarde, p. 650)
  • Sprazzi dorati, bruni, viola, argenteo barbaglio, faville cupree, smeraldine, | la piena ricchezza della terra, il multiforme potere della Natura espressi, questa volta, in colori; | la luce, l'aria intera n'è posseduta – colori dianzi ignoti, | nessun limite né confine – non solo il cielo d'occidente – l'alto mezzogiorno – a nord, a sud, ovunque, | puri colori fiammanti sino all'estremo si oppongono alle ombre silenziose. (Tramonto sulle praterie, pp. 650-651)
  • Soffici veli di voluttà narcotica, | il sole è appena scomparso, la luce ansiosa si è spenta – (presto anche io scomparso, spento,) | bruma – nirvana – pace e notte – oblio. (Crepuscolo, p. 652)
  • Come le fiamme dei Greci, cronache antiche tramandano, | da sommo dei colli brillavano, in segno d'applauso, di gloria, | in gloria accogliendo un veterano insigne, un qualche eroe, | e d'un rosato bagliore illuminavano la terra da quello servita, | così, alto sulla riva di Manhattan, con la sua frangia di navi, | ardente sollevo una torcia per te, o Vecchio Poeta![28] (Come le fiamme dei Greci, pp. 653-654)

Addio, fantasia

Secondo allegato

  • Addio fantasia – (dovevo dir qualcosa, | ma non è ancora il tempo – Il meglio di qualsiasi parola o frase, | è quando arriva il tempo giusto – il senso, | lo serbo fino alla fine per me.) (Addio, fantasia, p. 660)
  • Tu, tu, universale forza gigante di vita, irresistibile, insonne, calma, | che l'Umanità, quasi effimero giocattolo reggi come sull'aperta tua palma, | quale errore obliarti! (Dalla Morte una voce, p. 672)
  • Addio Fantasia! | Addio, cara compagna, mio amore! | Io me ne vado, non so dove, | a qual destino, o se mai più ti rivedrò, | così addio, o Fantasia! || Ora per l'ultima volta – permetti che mi volga un istante; | in me il ticchettìo del pendolo sempre più lento e fioco, | uscita, notte, e ben presto il battito del cuore s'arresta. | A lungo siamo vissuti, abbiamo gioito, carezzato insieme; | delizioso – ora la separazione – Addio, Fantasia! (Addio, Fantasia, pp. 677-678)

Echi della vecchiaia

Allegati postumi

  • Non tanto ho emulato gli uccelli che cantano musicalmente, | mi sono piuttosto librato a voli, in ampi giri, | il falco e l'alcione assai più mi hanno posseduto del canarino o del mimo, | mai ho avvertito lo stimolo di gorgheggiare e trillare, sia pure dolcemente, | ho sempre sognato di volar libero, nel pieno rigoglio delle mie forze, gioia e volontà. (Volar libero, nel pieno rigoglio delle mie forze, p. 681)
  • Il semplice fatto d'esistere – che vi è di meglio? (Il semplice fatto d'esistere, p. 684)
  • Ancora una parola al mio canto, antico Scopritore, quale mai venne rinviata a figlio della terra – | se ancora odi, odimi, | mentre proclamo come ora – terre, stirpi, arti, evviva per te, | lungo l'interminabile sentiero che rimonta sino a te – un vasto consenso da nord a sud, da est a ovest, | applausi dell'anima! acclamazioni! echi reverenziali! | Un molteplice, immenso ricordo di te! oceani e terre! | Il mondo moderno per te, nel pensiero di te! (Un pensiero di Colombo, p. 687)

Citazioni su Foglie d'erba

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La lettera di Emerson a Whitman
  • Come argomento per Foglie d'erba, in quanto poema, abbandonai i temi convenzionali, che nel mio libro infatti non appaiono: via i soliti ornamenti tradizionali, le raffinate trame di amore o guerra, i nobili personaggi eccezionali del Vecchio Mondo; nulla, potrei dire, per il solo fine della bellezza – nessuna leggenda, mito, romanza, eufemismo, rima. Ma la più vasta media dell'umanità, e le sue personalità nel secolo decimonono, che sta ormai declinando, specialmente in ognuno degli infiniti esempi e delle occupazioni pratiche, che si riscontrano oggi negli Stati Uniti.[fonte 11] (Walt Whitman)
  • Considerate da un'altra visuale, Foglie d'erba sono apertamente il canto del Sesso e dell'Amore fisico, persino dell'Animalità – sebbene sotto queste parole si nascondano significati che abitualmente non si accompagnano con esse, e che si riveleranno a tempo debito; a tutto cerchi di elevarsi una luce, in un'atmosfera diversa.[fonte 11] (Walt Whitman)
  • Egregio signore, non ignoro il valore del vostro prezioso dono di Foglie d'erba. Le trovo la più straordinaria manifestazione d'intelligenza e sapienza, che l'America abbia fin ora prodotto. La loro lettura mi ha procurato viva gioia... Mi rallegro con voi per i vostri liberi e audaci pensieri... Nel vostro libro ho trovato cose incomparabili, dette incomparabilmente bene... Vi saluto all'inizio di una gloriosa carriera...[29] (Ralph Waldo Emerson)
  • Foglie d'erba, lo dichiaro (e non potrò mai ripeterlo abbastanza), sono anzitutto il risultato della mia natura personale, delle sue emozioni e altre reazioni – un tentativo, dalla prima all'ultima riga, di trascrivere in assoluta libertà, pienamente, sinceramente, un Individuo, un essere umano (me stesso, nella seconda metà del secolo decimonono, in America). Non ho potuto trovare nella letteratura generale alcuna analoga cronaca individuale, che potesse soddisfarmi. Ma non è su Foglie d'erba, considerate specialmente come un'opera letteraria, o come saggio letterario, che cerco di insistere, o fondo le mie pretese. Nessuno riuscirà mai a intendere le mie poesie, persistendo a considerarle come un'opera letteraria, o un tentativo del genere, come un'opera che miri soprattutto all'arte o alla bellezza formale.[fonte 11] (Walt Whitman)
  • No, no, questo genere di cose... non vanno... la brava gente che segue (intendo i posteri) lo rifiuteranno. (James Russell Lowell)
  • Regalare Leaves of grass[30] di Walt Whitman è quel tipo di dono che non faresti, se quella persona non avesse un certo posto nel tuo cuore. (Monica Lewinsky)
  • Risultato di sette o otto fasi e tentativi, che spaziano per circa trent'anni (avvicinandomi alla settantina vivo soprattutto di memorie) io considero Foglie d'erba, ora condotto al termine delle sue possibilità e capacità, come, se non pecco d'orgoglio, il mio definitivo biglietto di visita alle future generazioni del Mondo Nuovo.[fonte 11] (Walt Whitman)
  • Sai che il Fogliame americano io l'ho tradotto a lettera tre volte con il mio maestro d'inglese, un italiano che scappò in America di 17 anni e ci è stato ventitré, e ha fatto il capitano al servizio della Repubblica nella guerra di secessione contro gli Stati del Sud? È una bestia, sempre ubriaco; ma sente e respira l'America; e non sa quasi nulla d'Italiano; me lo commentava facendo gesti e urli feroci. E mi venne subito la voglia di tradurlo in esametri omerici. Tutti quei nomi a catalogo! Quelle enumerazioni, successioni, quella serie di sentimenti straordinarie e vere! Io ne rimasi e ne sono rapito! Dopo i grandissimi poeti colossali, Omero, Shakespeare, Dante, ecc. ci sarà del più pensato, del più profondo, del più perfetto, ma nulla così immediato e originale. (Giosuè Carducci)

Giorni rappresentativi

in Giorni rappresentativi e altre prose, pp. 1-376.

Ispirazione di un'ora felice
Tra i boschi, 2 luglio 1882. Se devo farlo, non posso più indugiare. Note di diario, appunti di guerra (1862-1865), impressioni di paesaggio (1877-81) e successive note sul West e sul Canadà affastellate alla rinfusa e legate in un sol fascio con un grosso spago – tutto così incongruo, pieno di salti e lacune – ed ecco che quest'oggi, quest'ora (e che giornata! che ora quella che sta passando! il lusso dell'erba ridente e della brezza, lo sfarzo del sole e del cielo, e una temperatura perfetta, che m'empiono anima e corpo come mai prima) viene a me la risoluzione, il mandato anzi, di tornare a casa, svolgere quel fascio e sdipanare appunti e frammenti di diario così come sono, grandi e piccoli, uno dopo l'altro, in pagine stampate e lasciare che le lacune e le assenze di nessi del mélange si sistemino da sé.

Citazioni

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  • Degna invero di completa e minuziosa attenzione questa Paumanok (per dare al luogo il suo nome indigeno[25]) che si slunga ad est attraverso le contee di Kings, Queens e Suffolk, per un totale di centoventi miglia – a nord, lo stretto di Long Island, una splendida, varia e pittoresca serie di insenature, bracci ed espansioni marine per un centinaio di miglia fino a punta Oriente. Dalla parte dell'Oceano la grande baia meridionale punteggiata di innumerevoli secche, piccole per lo più, alcune piuttosto ampie, qua e là lunghe creste di sabbia distanti da una riva da un mille iarde a un miglio e mezzo. (Paumanok. La mia infanzia e la mia giovinezza, p. 14)
  • Paumanok[25] (o Paumanake, o Paumanack, nome indiano di Long Island): oltre cento miglia di lunghezza, a forma di pesce – gran copia di coste, sabbiose, battute dalle tempeste, poco invitanti, l'orizzonte sterminato, l'aria troppo forte per i malati, e le sue baie splendide riserve per gli uccelli acquatici, i campi a sud ricoperti di fieno salato, il suolo in genere duro, ma buono per i carrubi, i meli e il morasco, e ricco di innumerevoli sorgenti della più dolce acqua del mondo. (nota, Paumanok. La mia infanzia e la mia giovinezza, p. 14)
  • Poe fu molto cordiale, di una cordialità sommessa, aveva un bell'aspetto, era vestito bene, ecc. Mi è rimasto un ricordo nitido e piacevole della sua espressione e del suo parlare, sia nella forma che nella sostanza; molto gentile e umano, ma come spento, un po' sfinito forse. (Scene di Broadway, p. 26)
  • Ma l'ora, il giorno, la notte passarono, e qualsiasi cosa ritorni, un'ora, un giorno e una notte come quelle non torneranno mai più. (Lo stupore passa, comincia qualcos'altro, p. 42)
  • I grandi soldati non si trovano nelle file di un esercito più che in quelle dell'altro. (Un eroe sudista, p. 56)
  • [Riferito ad Abramo Lincoln] [...] non posso vedere quest'uomo senza avvertire in lui uno di quegli esseri cui ci si attacca in modo personale, per quella sua combinazione di purissima e generosa tenerezza con il coraggio che è proprio del West. (L'inaugurazione, p. 113)
  • Non v'è certo oggi in Europa un solo governo che non stia guardando alla guerra in questo paese con l'ardente preghiera che gli Stati Uniti ne escano divisi, paralizzati e smembrati. Non ve n'è uno solo che, se appena osasse, non contribuirebbe a questo smembramento. Tale, vi dico, è oggi l'ardente desiderio dei governi di Inghilterra e Francia e di tutte le nazioni, o meglio, i governi europei. Credo anzi che esso sia il reale, il sentito desiderio di tutte le nazioni del mondo, con la sola eccezione del Messico – il Messico, l'unico a cui abbiamo fatto veramente del male, e adesso l'unico che preghi per noi e il nostro trionfo con preghiera genuina. Non è strano? L'America, fatta di tutti, e che a tutti ha gioiosamente aperto le braccia fin dall'inizio, – il risultato e la giustificazione di tutti, Inghilterra, Germania, Francia e Spagna – tutti qui – l'accoglitrice, l'amica, la speranza, l'ultima risorsa e la casa universale di tutti – lei che non ha niociuto a nessuno, ma è stata generosa con tanti, con milioni, madre di stranieri e di esuli di ogni paese – proprio adesso doveva, dico, ricevere questo terribile ringraziamento di odio e di paura generale da parte dei vari governi. Siamo forse indignati? allarmati per questo? ci sentiamo minacciati? No; aiutati, uniti, concentrati, piuttosto. Siamo tutti troppo propensi a straniarci da noi stessi, a voler impressionare l'Europa, a studiarne cipigli e sorrisi. Questa bruciante lezione di odio generale ci è anzi necessaria, e d'ora in poi non dovremo mai dimenticarla. Mai più da questo momento ci fideremo del senso morale e dell'astratta simpatia di un solo governo del vecchio mondo. (Atteggiamenti dei governi stranieri durante la guerra, pp. 114-115)
  • Gli anni a venire non sapranno mai la ribollente bolgia e il nero sfondo infernale di infinite scene e interni minori (non l'ufficiale cortesia, tutta di superficie, dei generali, non le poche battaglie famose) della Guerra di Secessione; ed è meglio che non lo sappiano – la guerra non entrerà mai nei libri. (La guerra vera non entrerà mai nei libri, p. 144)
  • Questa è stata la guerra. Non una quadriglia in una sala da ballo. La sua storia interiore non sarà scritta mai – non solo, ma il suo aspetto pratico e quotidiano, i dettagli di azioni e passioni non saranno mai neppure suggeriti. (La guerra vera non entrerà mai nei libri, p. 144)
  • Dopo aver esaurito quel che t'offrono affari, politica, allegri simposi, amore e così via – e aver scoperto che niente di tutto ciò alla fine soddisfa o dura in eterno – che cosa ti resta? Resta la Natura; portar fuori dai loro torpidi recessi le affinità tra un uomo o una donna e l'aria aperta, gli alberi, i campi, il volgere delle stagioni – il sole di giorno e le stelle del firmamento la notte. (Nuovi argomenti, p. 148)
  • Un tal giuoco di colori e di luci, come variano le stagioni, le ore del giorno – le linee del lontano orizzonte dove l'orlo sfocato del paesaggio si perde nel cielo. (Colori – un contrasto, p. 169)
  • La superiorità e la vitalità dell'America si trovano nella massa del popolo, e non nelle classi elevate come avveniva nel vecchio mondo. La grandezza del nostro esercito durante la guerra di secessione si è rivelata nella semplice truppa, e lo stesso avviene per la nazione. La vitalità di altri paesi risiede in una cerchia ristretta, una classe, ma la nostra risiede nella massa del popolo. Gli uomini che ci guidano non hanno molta importanza, non l'hanno mai avuta, ma la media della nostra gente ha un valore immenso, che va oltre la storia. Penso sovente che sarà questa la via, in tutti i settori, incluse letteratura e arte, per la quale si manifesterà la nostra superiorità. Non avremo grandi figure né grandi leader, ma la media sarà grande, di una grandezza senza precedenti. (Reportage di un intervistatore, p. 283)
  • Quasi privi di ogni traccia di principi morali, o del mondo concreto e dei suoi eroismi, o dei più semplici affetti del cuore, i versi di Poe testimoniano una intensa disposizione per la bellezza tecnica e astratta, con un'arte della rima portata all'eccesso, una incorreggibile propensione ai temi notturni, e un sottofondo demoniaco dietro ogni pagina – e, a una valutazione finale, rientrano con ogni probabilità tra le luci elettriche della letteratura d'immaginazione, fulgide, abbaglianti, ma senza calore. V'è nella vita e nelle reminiscenze del poeta, un indescrivibile magnetismo, come nelle sue poesie. (da Il significato di Edgar Poe, pp. 290-291)
  • Il gusto del voluttuoso e dell'irreale che in misura così straordinaria si è impossessato degli amatori di poesia del secolo decimonono – che può voler dire? L'inevitabile propensione della cultura poetica al morboso, alla bellezza abnorme – la sostanza malaticcia di quel pensiero che si limita alla tecnica in sé, alle raffinatezze – la rinuncia a tutte le realtà concrete di prima mano, perenni e democratiche, il corpo, la terra e il mare, il sesso e simili e la loro sostituzione con valori di seconda o terza mano - che peso hanno negli attuali studi di patologia? (da Il significato di Edgar Poe, pp. 292-293)
  • Come autore rappresentativo e figura di letterato, nessun altro come Carlyle lascerà in eredità al futuro più significativi indizi della nostra era tempestosa, dei suoi violenti paradossi, il clangore, i tormentati momenti del parto. Inoltre egli appartiene al ceppo più nostro della razza: né latino, né greco, ma definitivamente gotico. Ispido, montagnoso, vulcanico, era una rivoluzione francese in persona, assai più di qualsiasi suo libro. Per certi aspetti, sino a tutt'oggi nel secolo decimo-nono, la mente più preparata e acuta, anche dal punto di vista accademico, di tutta la Gran Bretagna; solo che aveva corpo sofferente. Tracce di dispepsia si trovano in ogni sua pagina, e talvolta la riempiono. Tra le lezioni della sua vita – una vita peraltro di una lunghezza sorprendente – potrebbe includersi questa – come dietro il computo del genio e della morale vi sia sempre lo stomaco, a dare una sorta di voto decisivo. (Morte di Thomas Carlyle, pp. 311-312)
Foto di Whitman nel 1889
  • I più grandi brani di poesia vanno accostati solamente a una certa distanza, a quel modo che talvolta cerchiamo di notte le stelle, non fissandole direttamente, ma spostando lo sguardo da una parte. (Dopo aver sfogliato un certo libro, p. 373)

E infine la morale: «La virtù – diceva Marco Aurelio – cos'è mai se non un sentimento entusiastico e vivo di armonia con la Natura?». Forse veramente gli sforzi dei veri poeti e dei fondatori delle religioni e delle letterature di ogni epoca, sono stati e saranno sempre, nel nostro tempo come in quello a venire, essenzialmente gli stessi – richiamare cioè gli uomini dalle loro deviazioni testarde e dalle loro malsane astrazioni alla divina media, senza prezzo, originale e concreta.

I libri di Emerson (le ombre di essi)

1880; in Giorni rappresentativi e altre prose, pp. 522-527.

  • Nelle regioni che chiamiamo Natura, che si levano oltre il misurabile in vastità infinite, infinite profondità e altezze – in quelle regioni, che includono l'Uomo a livello sociale e storico, con tutte le sue determinanti emotivo-morali – che parte minima ha avuto la Letteratura, pensavo oggi, quanto poco ha ritratto – anche a volerla considerare tutta – ogni epoca. (p. 522)
  • Emerson, a mio avviso, non eccelle tanto come poeta o artista o maestro, per quanto valido in tutti questi campi. Egli dà il meglio come critico, o diagnostico. Non lo dominano né passione né fantasia, non distorsioni o debolezze, non una causa né un impulso specifico. Lo domina un freddo e esangue intellettualismo. (pp. 523-524)
  • La parte migliore dell'emersonianismo sta nel suo allevarsi in seno il gigante destinato a distruggerlo. Chi vuol essere solo uno del seguito? si legge dietro ogni sua pagina. Non è mai esistito maestro che abbia fatto tanto per l'assoluta indipendenza dei suoi allievi – mai evoluzionista più puro. (p. 527)

Prefazione di Foglie d'erba (1855)

Prefazione della prima edizione, Brooklyn, N.Y.; in Foglie d'erba, pp. 691-705.

  • L'America non respinge il passato, o ciò che il passato ha prodotto nelle sue varie forme, o tra altre politiche, o l'idea di casta o le vecchie religioni – accetta la lezione con calma – non è impaziente perché i ritardatari restano fedeli a certe opere e mode letterarie [...]. (p. 691)
  • Tra tutte le nazioni di ogni tempo su tutta quanta la terra, gli Americani posseggono forse la più ricca natura poetica. Gli Stati Uniti sono in se stessi essenzialmente un immenso poema. (p. 691)
  • La fede è l'antisettico dell'anima – pervade la gente comune e la conserva – essi non cessano mai di credere, di aspettare, di aver fiducia. Vi è infatti una indescrivibile freschezza in una persona illetterata, che umilia e deride il potere delle più nobili espressioni del genio. Il poeta vede, con assoluta chiarezza, come una persona, anche non grande artista, possa essere sacra e perfetta quanto il più grande degli artisti. (p. 693)
  • Questo è ciò che dovete fare: Amate la terra e il sole e gli animali, disprezzate le ricchezze, fate l'elemosina a tutti quelli che la chiedono, proteggete gli stupidi e i poveri, destinate il vostro reddito e il vostro lavoro agli altri, odiate i tiranni, non discutete su Dio, mostrate pazienza e indulgenza verso la gente, non toglietevi il cappello dinanzi a nulla, noto o ignoto, a nessun uomo o folla d'uomini – uscite liberamente con gente possente e non istruita, e con i giovani, con le madri di famiglia – riesaminate tutto ciò che vi è stato detto, a scuola o in chiesa o in qualsivoglia libro, e ripudiate quanto insulta l'anima vostra; e la vostra stessa carne diverrà un grande poema, e possederà la più grande fluidità non solo nelle sue parole, ma nel silente disegno delle labbra e del volto, e tra le palpebre degli occhi, e in ogni moto, ogni giuntura del corpo vostro. Il poeta non consumerà il suo tempo in lavori non necessari. Egli saprà che la terra è già stata arata e concimata; altri magari non lo sanno, ma lui lo sa. Egli si dichiarerà direttamente alla creazione. La sua fiducia gli meriterà la fiducia di tutto ciò che tocca – e gli permetterà di dominare ogni attaccamento. (pp. 694-695)
  • L'arte dell'arte, la gloria dell'espressione, il lume solare della lettura è la semplicità. Nulla è meglio della semplicità – nulla può scusare eccessi o mancanza di precisione. Procedere sul palpito dell'impulso, e sondare profondità intellettuali, e conferire a tutti gli argomenti le loro articolazioni sono qualità né comuni né molto insolite. Ma esprimersi letteralmente con la perfetta rettitudine e naturalezza dei movimenti degli animali e l'incontrovertibile purezza di sentimento degli alberi nei boschi e dell'erba lungo i sentieri, è il trionfo immacolato dell'arte. Se avete potuto osservare chi è riuscito a tanto, avete visto uno dei maggiori artisti di tutte le nazioni e di tutti i tempi. (p. 696)
  • I grandi poeti si fanno conoscere per l'assenza di artifizi e si giustificano in virtù di un perfetto candore. Ogni colpa può venir perdonata a colui che possiede candore perfetto. (p. 701)
  • Un grande poema è proprietà comune per evi ed evi, per tutte le classi e le nature, i dipartimenti e le sètte, per le donne come per gli uomini, e per gli uomini come per le donne. Un grande poema non rappresenta una conclusione per gli uomini e le donne, ma piuttosto un principio. (p. 704)
  • Ben presto non vi saranno più preti. La loro opera è compiuta. Sorgerà un nuovo ordine, ed essi saranno i preti dell'uomo, e ogni uomo sarà il suo proprio prete. Essi troveranno la loro ispirazione in oggetti reali, contemporanei, sintomi del passato o del futuro. Essi non degneranno di difendere l'immortalità e Dio, o la perfezione delle cose, o la libertà, o la squisita bellezza e realtà dell'anima. Essi sorgeranno in America e troveranno corresponsione in tutto il resto della terra. (p. 704)
  • La lingua inglese [...] è abbastanza muscolosa e agile e piena. [...] ha attratto vocaboli da lingue più gentili e gaie, più sottili ed eleganti. È la potente lingua della resistenza – è il dialetto del comune buon senso. È la parlata delle razze superbe e melanconiche, e di tutti coloro che aspirano a qualcosa. È la lingua eletta per esprimere crescita, fede, stima di se stesso, libertà, giustizia, uguaglianza, amicizia, ampiezza, prudenza, decisione e coraggio. È il mezzo che saprà quasi esprimere l'inesprimibile. (pp. 704-705)

Prospettive democratiche

1871; in Giorni rappresentativi e altre prose, pp. 586-690.

La nostra vera grandezza all'estero
A quel modo che varietà e libertà sono forse le più grandi lezioni della Natura nell'universo, esse presentano le più grandi lezioni anche nella politica e nel progresso del Nuovo Mondo. Chi venisse richiesto, ad esempio, di indicare i principali punti di contrasto tra la vita moderna, politica e non, in Europa e in America, e gli antichi culti asiatici quali sopravvivono ancora per tradizione in Cina e Turchia, potrebbe trovarli elencati nel profondo saggio di John Stuart Mill sulla libertà nel futuro[31], dov'egli richiede, per una nazionalità veramente grande, due costituenti principali, o substrati – 1º, una grande varietà di personalità – e 2º, piena libertà per la natura umana di espandersi in innumerevoli direzioni, anche in contrasto tra loro – (cosa che, per la generale umanità, sembra assai simile agli influssi che determinano, nel loro campo illimitato, quella perenne azione salutare dell'aria che chiamiamo tempo atmosferico – un numero infinito di correnti e forze, di contributi e temperature e contrasti, il cui incessante giuoco di controparti produce un rinvigorimento e una vitalità costanti). Permettete dunque che con questo pensiero – non a sé stante, bensì corredato di tutto ciò che implica e trae dietro di sé – io dia inizio alle mie speculazioni.

Citazioni

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  • Io dico che la democrazia non potrà mai dimostrasi superiore ai cavilli finché non fonda e non fa crescere lussureggianti le sue proprie forme d'arte, i suoi poemi, le sue scuole, la sua teologia, rimuovendo tutto ciò che esiste o che sia stato prodotto in altri luoghi in passato sotto influenze diverse. (Le arti, i poemi, la teologia americana, p. 591)
  • Ben pochi si rendono conto di come la grande letteratura penetri ogni cosa, a ogni cosa dia colore, dia forma agli aggregati e agli individui, e per vie sottili, con potere irresistibile, costruisca, sostenga, demolisca a piacere. (Il mezzo, lo strumento primo, p. 593)
  • La musica infine, l'unificatrice – niente di più spirituale, niente di più sensuale, una divinità, eppure completamente umana – che avanza, prevale, occupa il posto più alto; capace di dare, in certe contingenze e campi, ciò che null'altro saprebbe dare. (Il mezzo, lo strumento primo, pp. 595-596)
  • Esiste un occhio penetrante che non riesca a percepire tutto ciò sotto la maschera? Lo spettacolo è spaventoso. Viviamo perennemente in un'atmosfera di ipocrisia. Gli uomini non credono nelle donne, né le donne negli uomini . Un'arroganza gonfia di disprezzo detta legge in letteratura. Scopo di tutti i littérateurs è trovar qualcosa su cui fare dello spirito. Una risma di chiese, di sette ecc., i più tetri fantasmi che io conosca, usurpa il nome di religione. La conversazione è un cicaleccio balordo. Le conseguenze della falsità dello spirito, madre di tutti i mali, sono già incalcolabili. (Il mezzo, lo strumento primo, p. 600)
  • E, a coronamento della democrazia, questo fatto tra tutti allettante – che essa solo può unire, come sempre cerca di fare, tutte le nazioni, tutti gli uomini di terre per quanto diverse e distanti, in una fratellanza, una famiglia. È l'antico e sempre attuale sogno della terra, dei suoi figli più vecchi e più giovani, dei filosofi e poeti appassionati. Non solo quella metà della democrazia, l'individualismo, che isola. Esiste un'altra metà, e questa è l'adesività, o amore, capace di fondere, legare e aggregare, che rende le razze compagne e affratella tutti. (Considerando: costumi, legge, estetica, coesione, p. 618)
  • Qualsiasi scienza politica degna di questo nome nel vecchio mondo, tra gli studiosi, gli esperti e gli uomini di qualche senno, non discute oggi, direi, se perseverare sulla stessa linea e ripiegare sulla monarchia, o guardare avanti e democratizzare – bensì come, in che grado e da quale parte cominciare prudentemente la democratizzazione. (Anche il male serve, pp. 620-621)
  • Gli appassionati e spesso inconsulti appelli dei riformatori e rivoluzionari sono indispensabili per controbilanciare la fossile inerzia che è parte sì grande delle istituzioni umane: queste infatti andranno sempre avanti da sole (e il pericolo è che tendono rapidamente a ossificarci), mentre quelli dovranno essere trattati con indulgenza, e con rispetto anche. Ciò che la circolazione è per l'aria, l'agitazione e una piena licenza speculativa sono per la salute politica e morale. Indirettamente, ma inequivocabilmente, bontà, virtù e legge (le migliori) procedono dalla libertà. Queste sono per la democrazia ciò che la chiglia è per la nave o la salsedine per l'oceano. (Riformatori, ricchezza, etc., p. 621)
  • Che cosa c'è di più drammatico dello spettacolo che abbiamo visto ripetersi tante volte e che vedremo senza dubbio ancora per molto – il giudizio popolare che mette alla prova nelle varie cariche i candidati eletti – tenendosi in disparte, per così dire, e osservandoli per un poco nelle loro azioni per dar poi invariabilmente, alla fine, la giusta, l'esatta ricompensa loro dovuta? Dopo tutto io credo che la parte più sublime della storia politica, il suo culmine, attualmente è fornita proprio dal popolo americano. Non conosco nulla di più grande, né migliore esercizio, né migliore digestione, né più positiva prova del passato, risultato trionfante della fede nell'umanità, di una ben combattuta elezione in America. (Anche il male serve, p. 627)
  • I modelli della nostra letteratura, dal momento che la riceviamo da altri paesi, da oltreoceano, hanno avuto i loro natali nelle corti, si sono scaldati e sviluppati al sole dei castelli; e il tutto puzza di favori principeschi. Di gente che lavora, scrittori di un certo tipo, ne abbiamo davvero in quantità, e a modo loro contribuiscono la lor parte: molti eleganti, molti eruditi, compiacenti tutti. Ma passati al vaglio nazionale, o collaudati sui principi della personalità democratica, si riducono a cenere. Io dico che non ho ancora visto un singolo scrittore, artista, conferenziere o che so io, che abbia affrontato la silenziosa, ma eretta ed attiva, volontà e aspirazione diffusa e fondamentale del paese, in uno spirito modellato su di questo. (Una riflessione, pp. 628-629)
  • Perché mai nel nostro tempo, nelle nostre terre, non si vedono fresco coraggio locale e sanità, qualità nostre – i gagliardi uomini del Mississippi, del West, i fatti reali mentali e fisici, la gente del Sud, &c., – nel corpo della nostra letteratura, specialmente nella parte poetica? Ma sempre, al contrario, un gruppetto di dandy e di ennuyées, signorini azzimati venuti dall'estero a inondarci coi loro sentimentucci da salotto, i loro parasoli, canzoncine per pianoforte, rime tintinnanti, cinquecentesima importazione – sempre a uggiolare e piangere su qualcosa, a caccia di sterili concettosità una dopo l'altra, e perennemente perduti in amori dispeptici con donne dispeptiche. (Sta realmente progredendo la letteratura?, pp. 659-660)
  • Che cos'è l'indipendenza? Libertà da ogni legge e vincolo eccetto quelli del proprio essere, controllati dalle leggi universali. (Le vere rivoluzioni dell'America, p. 663)
  • È inutile negarlo: la Democrazia lascia crescere rigogliosamente la più fitta distesa di piante e frutti nocivi, mortali – introduce invasori, uno peggiore dell'altro – e quindi ha bisogno di più nuove, più vaste, forti e volonterose compensazioni e spinte. (Lo scopo di queste pagine: suggerire le vere guide del futuro, p. 683)

Noi guardiamo il nostro paese, l'America, la sua letteratura, estetica &c. sostanzialmente come un graduale prender forma, o espressione e enunciazione dei più profondi elementi base e dei più superbi significati finali della storia e dell'uomo – come il ritratto (secondo le eterne leggi e le condizioni della bellezza) della nostra stessa fisionomia, il nesso, l'espressione soggettiva del mondo oggettivo, con l'impronta della nostra peculiare modificazione e continuazione di quel processo – e come la riserva e il documento della mentalità e del carattere nazionale, le sue virtù, eroismi, guerre e anche licenze – dove tutte le cose culminano in una formulazione letteraria e artistica autoctona, per essere perpetuate; senza la quale originale formulazione di altissimo livello essa vanamente si dibatterebbe, e tutta l'altra sua grandezza, per quanto imponente e superiore, si rivelerebbe non più un fuoco fatuo; ma possedendo la quale, essa comprenderà se stessa, vivrà nobilmente e offrirà nobili contributi e emanazioni; e librandosi sicura nel suo proprio equilibrio, illuminata e illuminante, diverrà un mondo maturo, divina Madre di altri mondi non solo materiali ma spirituali, in infinita successione nel tempo – la cosa fondamentale restando la media, ciò che è corposo, concreto, democratico e popolare, su cui tutte le sovrastrutture del futuro dovranno poggiare per sempre.

Sguardo retrospettivo al cammino percorso

Prefazione di Fronde di Novembre, 1888; in Foglie d'erba, 1993, pp. 706-722.

  • Persino Shakspere, che così profondamente permea le lettere e l'arte contemporanea (le quali in fatto derivano soprattutto da lui), appartiene sostanzialmente al sepolto passato. Soltanto che egli possiede la superba distinzione, per alcune importanti fasi di quel passato, di essere il più alto cantore che sia mai nato. (p. 713)
  • Dall'età di sedici anni ho posseduto un grosso in-ottavo di un migliaio di pagine, stampate fitte (lo posseggo ancora), che conteneva tutte le poesie di Walter Scott. Per cinquant'anni esso mi è stato miniera inesauribile, tesoro di foraggio poetico (specialmente le sue foreste e interminabili giungle di note) e tale resta tuttora. (p. 715)
  • Verso la fine, tra le altre tante cose, avevo anche dato una scorsa alle poesie di Edgar Poe, che non mi piacevano, per quanto riconoscessi sempre che, al di là del campo limitato dei loro ritmi (che costituiscono una specie di perpetuo carillon musicale, che va dal si bemolle al sol) erano delle espressioni melodiose e forse insorpassate di certe alcune fasi della morbosità umana. (p. 715)
  • Io ritengo che il più prezioso servizio che le poesie, o qualsiasi altro scritto, possano rendere ai lettori, non consiste solo nel soddisfare il loro intelletto, offrire qualcosa di raffinato o interessante, e neppure nel dipingere grandi passioni, uomini o avvenimenti, ma nel riempirli di una virilità vigorosa e pura, di un sentimento religioso, inculcar loro il coraggio, come un bene fondamentale, un'abitudine. (p. 717)
  • [...] i canti più intensi e dolci debbono ancora venire cantati. (p. 722)

Sillabario americano

1855-60?; in Giorni rappresentativi e altre prose, pp. 465-510.

  • Tutte le parole sono spirituali – nulla è più spirituale delle parole. Da dove vengono? Per quante migliaia e decine di migliaia di anni hanno viaggiato? quelle elusive, fluide, belle, incorporee realtà, Madre, Padre, Acqua, Terra, Me, Questo, Anima, Lingua, Casa, Fuoco. (Sillabario americano, p. 465)
  • Per ogni tuo pensiero, e per quelli di chiunque – per tutti i desideri, passioni, amori, odi, noia, pazzia, disperazione di uomini per donne e di donne per uomini – per ogni impulso o carica di impulsi – per la testa che sta in equilibrio che sta in equilibrio sul collo, e per ciò che è elettrico nel corpo sotto la testa, o ciò che corre nelle tue vene col sangue, o in quei curiosi e incredibili miracoli che chiami vista e udito – per tutte queste cose, e altre simili, sono state create parole. – Sono queste le parole che non sono mai né vecchie né nuove. (Sillabario americano, p. 467)
  • La lingua inglese è piena di parole forti, indigene o adottate per esprimere la congenita passione della razza per il vigore e la resistenza, di contro alla raffinatezza e a tutte le azioni di rinuncia: robusto, massiccio, atletico, muscoloso, acre, aspro, rude, severo, animosità, tenacia, sfrontatezza, rigido, resistenza, corroborante, rozzo, rude, violento, irsuto, barbuto, arrogante, altero. (Sillabario americano, p. 473)
  • E che perfette valanghe di ciarpame ci arrivano oggigiorno dall'estero! Lo sgargiante sentimentalismo di Bulwer non è che un sollievo dopo i gonfi, innaturali romanzi «storici» di dolce-vita-nel-sottoscala di Harrison Ainsworth. Quanto alla grossolana volgarità di Marryat, alla balordaggine tediosa di Lady Blessington, alla roba (non c'è altra parola) di una lunga sfilza di ciarlatani letterari, e giù fino al cattivo gusto del francese Paul de Kock (che in realtà ha forse più talento di tutti gli altri messi insieme – malgré le orribili, criminali traduzioni in inglese) – chi potrebbe asserire che costoro posseggano una sola qualità che li raccomandi alla vasta circolazione di cui godono da questa parte dell'Atlantico? (Letteratura di casa nostra, pp. 504-505)
  • Se gli Stati Uniti non hanno mai allevato poeti a nessun livello di grandezza, è certo almeno che essi importano, stampano e leggono più poesia di ogni altro egual numero di persone in qualsiasi luogo – probabilmente più di tutto il resto del mondo messo insieme. La poesia (come una grande personalità) è il frutto di molte generazioni – di molte rare combinazioni. Per avere grandi poeti occorre avere anche un grande pubblico. (La nuova poesia, p. 510)

Citazioni su Walt Whitman

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  • Centocinquant'anni sono passati da quando questo ragazzaccio scamiciato, col cappello da cowboy, fascinoso di un'ambigua bellezza, giornalista e tipografo, figlio di un falegname, detestato dai professori e adorato dai ragazzi del suo tempo, capace di abbracciare tutti e di lasciarsi abbracciare da tutti, ricco di un vibrante ritmo americano, diretto e sincero, capace di affrontare il problema della situazione del Nuovo mondo, ha pubblicato a sue spese un libretto piccolino chiamandolo Leaves of Grass (Foglie d'erba). Questo ragazzaccio, capace in una ventina di anni di diventare il poeta più importante della letteratura americana di tutti i tempi, quel suo po' di educazione rudimentale l'ha ricevuta nei sei anni che ha frequentato la scuola pubblica, cominciando nel 1825 e finendo a undici anni, quando si è impiegato come fattorino in un ufficio di avvocati. (Fernanda Pivano)
Ritratto di Walt Whitman (T. Eakins, 1888)
  • Chi intende occuparsi di letteratura, non solo americana, non può dunque evitare di fare i conti, prima o poi con questo controverso scrittore. (Antonio Spadaro)
  • Con il suo vigore e con il grande respiro dei suoi versi, mi mette in uno stato mentale di libertà, pronto a vedere meraviglie; mi porta per così dire, in cima a una collina o al centro di una piana; mi scuote e poi mi getta addosso migliaia di mattoni. (Henry David Thoreau)
  • Così cominciano le definizioni dei biografi: Whitman come hegeliano, come trascendentalista, come profeta del personalismo o del governo del mondo o del Cristo del nostro tempo, e chissà quante altre che ora non mi vengono in mente ma a me piace una definizione un po' patetica, un po' amorosa: «Whitman è il poeta americano, più genuinamente americano». (Fernanda Pivano)
  • Due cose infatti si definiscono incompatibili quando nel mondo c'è spazio per una e non per entrambe, come, per esempio, la poesia di Walt Whitman e la misericordia di Dio verso gli uomini. (Ambrose Bierce)
  • – Eh sì, ora sono passato a Whitman. Ti prendo una copia di Foglie d'erba in libreria, hai il venti per cento come studente.
    – Non lo voglio Walt Whitman!
    – Neanche lui vorrebbe te, era omosessuale. Però era anche un uomo di medicina, ha fatto l'infermiere nella guerra civile e ha scritto poesie memorabili. (Patch Adams)
  • Il «free verse» di Whitman era un assalto alla fortezza della poesia in se stessa; una sfida, rivolta a tutti i poeti viventi, a spiegare per quali motivi non dovessero anche loro scrivere allo stesso modo. Una sfida che dura ancora dopo un secolo di vigorosa esistenza nel corso del quale è stata sotto il fuoco continuo degli avversari ma non è mai stata sconfitta. (William Carlos Williams)
  • Il poeta della gran Guerra Americana, è Walt Whitman.
    Se il genio non fosse, com'è, una straordinaria e meravigliosa conciliazione di ragione e di immaginazione, di fantasia e di euritmia, in uno stesso intelletto; se bastasse il divus afflatus la visione infinita, l'entusiasmo umanitario, Walt Whitman potrebbe collocarsi accanto ai pochi poeti sovrani. E nonostante i suoi difetti, non so chi potrebbe contrastargli in America il primato della poesia. (Enrico Nencioni)
  • In Whitman tutto il mondo americano prende vita, il passato e il futuro, la nascita e la morte. Tutto quel che c'è di valido in America, l'ha espresso Whitman, e non c'è altro da dire. Il futuro appartiene alla macchina, ai robot. Egli, Whitman, fu il Poeta del Corpo e dell'Anima. Il primo e l'ultimo poeta. Oggi è quasi indecifrabile, un monumento coperto di rozzi geroglifici, per i quali non c'è chiave. (Henry Miller)
  • L'odore del caffè ed i giornali, | la domenica e il suo tedio. Di mattina | e sulla pagina intravista quella vana | pubblicazione di versi allegorici | di un collega felice. Il vecchio | giace prostrato e bianco nella decente | abitazione di povero. Stancamente | guarda il suo volto nello specchio. | Pensa, non più stupito, che quel viso | è lui. La mano distrutta | non è lungi la fine. La sua voce dichiara: | Quasi non sono, ma i miei versi ritmano | la vita e il suo splendore. Io fui Walt Whitman. (Jorge Luis Borges)
  • La poesia di Whitman fu nell'insieme uno dei tentativi più decisi e coerenti di conseguire l'arduo livello del pessimo e il meno arduo del risibile; che Whitman non ci sia riuscito è uno degli ilari misteri della letteratura. (Giorgio Manganelli)
  • Mi parla di Mr Whitman – non ho mai letto i suoi Libri – ma mi hanno detto che è sconveniente. (Emily Dickinson)
  • Nel suo paese di ferro vive il grande vecchio, | il bel patriarca, santo e sereno, | il corrusco cipiglio, d'olimpico splendore | comanda e conquista con nobile incanto. || La sua anima pare specchio dell'infinito | le sue stanche spalle sono degne di manto, | come arpa scolpita da una vecchia quercia | come nuovo profeta canta il suo canto. || Sacerdote che il divino soffio alimenta | annuncia nel futuro un tempo migliore | dice all'aquila: «Vola», e, «Voga» al marinaio || e «Lavora» al robusto lavoratore, | così va il poeta sulla sua strada | con superbo rostro imperiale! (Rubén Darío)
  • Passeggeremo tutta notte per strade solitarie? Gli alberi aggiungono ombra all'ombra, luci spente nelle case, ci sentiremo soli. | Cammineremo sognando la perduta America dell'amore lungo automobili azzurre nei viali, verso casa nel nostro cottage silenzioso? | Ah, caro padre, grigio di barba, vecchio solitario maestro di coraggio, che America avesti quando Caronte smise di spingere il suo ferry e tu scendesti su una riva fumosa a guardare la barca scomparire sulle acque nere del Lete? (Allen Ginsberg)
  • Scriveva senza rima, senza metrica, versi liberi, solo quello che sentiva lasciandolo scaturire con il suo ritmo intricato. Pura passione spudorata, senza alcuna restrizione. (Fratelli in erba)
  • Sembra probabile che, tranne per gli specialisti, Whitman resterà famoso per alcune poesie piuttosto che come l’autore di un solo grande libro, la nuova bibbia poetica dell’America. (John Maxwell Coetzee)
  • "– Storici nelle età future " – ah, sillabe di fede! | Walt, dimmi, Walt Whitman, se l'infinito è ancora come | quando tu passeggiavi sulla spiaggia vicino a Paumanok – | nel tuo solitario vagare ed udivi lo spettro | attraverso la schiuma, la sua nota d'uccello ricadere a lungo... Per te i panorami e questa progenie di torri, | di te – il tema che s'è ampliato nella roccia. | O Vagabondo sulle libere strade spinte sempre avanti! (Hart Crane)
  • Stringo un patto con te, Walt Whitman: | ti ho detestato ormai per troppo tempo, | vengo a te come un figlio cresciuto | che ha avuto un padre dalla testa dura. | Ora sono abbastanza grande per fare amicizia. | Fosti tu ad abbattere il nuovo legno, | ora è tempo d'intagliarlo. | Abbiamo un solo fusto e una sola radice: | ristabiliamo commercio tra noi. (Ezra Pound)
  • Walt Whitman era il mio poeta americano preferito: l'ho scoperto a 18 anni, l'età delle letture più importanti. Non faceva che parlare del Potomac. Ho sempre avuto la curiosità di vederlo questo grande fiume. L'immenso Potomac. (Roberto Benigni)
  • Walt Whitman ha lo stesso rapporto con l'arte che un maiale con la matematica.[32][fonte 12]
  • Whitman desiderava passare ai posteri esclusivamente come la voce di un'America sana e vigorosa pronta alla conquista, alla produzione e alla riproduzione. Negando disperatamente che la sua ispirazione in primis fosse stata mossa dall'attrazione erotica per la vigoria fisica maschile; e che solo successivamente tale attrazione fosse stata canalizzata in un disegno estetico di portata più ampia, con il trasferimento alla nazione di attributi quasi fisici e temperamentali. (Franco Buffoni)
  • Tutta la mia gioventù è stata sotto il segno, paragonabile al sole nascente, dell'ardore sanguigno di Walt Whitman. Mi sembrava quasi come una folla che diventava un gigante, o come Adamo, il primo uomo. Mi emozionava l'idea che qualcuno potesse averlo incontrato, visto per strada; era quasi come se fosse un Cristo redivivo.
  • Whitman cerca di dimostrare che le cose sporche in realtà erano pulite, come quando glorificò il letame in quanto fonte della purezza dell'erba.
  • Whitman rappresentava la fratellanza alla luce del sole, descrivendo una varietà infinita di creature meravigliose e raggianti, tutte sacre in quanto concrete. Shelley aveva adorato l'uomo, ma Whitman adorava gli uomini. Ogni sguardo umano, ogni caratteristica umana, diventava la materia per poetare misticamente, come una torcia che illumina, a caso, le facce sparse di una folla. Tutti gli uomini dovrebbero essere trattati come re e adorati come divinità.
  • Il massimo poeta del nostro paese è Walt Whitman. Io ho scoperto la danza degna della lirica di Whitman. Io sono realmente la figlia spirituale di Whitman.
  • Mi resi conto che i soli maestri di danza che io potessi avere erano il J. J. Rousseau dell'Emile, Walt Whitman e Nietzsche.
  • Walt Whitman ha fatto dono della sua verità all'America. E vi è stato un tempo in cui la sua opera è stata condannata come «immorale». Tale aggettivo oggi ci sembra almeno assurdo!
  • Io non ricordo a che età, né dove, | se nel grande, umido sud, o sulla temibile | costa, sotto il breve grido del gabbiano, | toccai una mano ed era la mano di Walt Whitman: | solcai la terra con i piedi nudi, andai sull'erba, | sulla ferma rugiada di Walt Whitman. | Durante tutta la mia gioventù questa mano mi tenne compagnia | questa rugiada, sua fermezza di pino patriarcale, | la sua vastità di prateria, la sua missione di pace circolatoria. | Senza sdegnare i doni della terra né la copiosa | curva del capitello né l'iniziale purpurea della saggezza, | tu mi hai insegnato ad essere americano, hai sollevato | i miei occhi ai libri, verso il tesoro dei grani: | ampio nella chiarità nella pianura mi hai fatto vedere | l'alto monte tutelare | – Attraverso echi sotterranei per me hai raccolto ogni cosa, | tutto quel che è spuntato è stato da te raccolto galoppando nell'alfalfa, | cogliendo papaveri per me, visitando fiumi, | accudendo la sera alle cucine.
  • Per un atto d'amore al mio paese | io ti reclamo, fratello necessario, | vecchio Walt Whitman dalla mano grigia,| affinché col tuo appoggio straordinario | verso a verso uccidiamo alla radice | Nixon, Presidente sanguinario.
  • Però canta nelle stazioni suburbane la tua voce, | e sui moli vespertini, come acqua scura la tua parola. | Il tuo popolo bianco negro, popolo di poveri popolo semplice | come tutti i popoli, non dimentica la tua campana: | si riunisce cantando sotto la magnitudine della tua vita spaziosa. | Cammina tra i popoli con il tuo amore carezzando | il puro crescere della fraternità sulla terra.
  • Ogni pensiero è veramente pensato all'istante, il verso fatto della baldanza e diversità della mente in azione, che si vede nell'atto di pensarlo, ed esprime questa sua coscienza. Walt Whitman canta la gioia di scoprire pensieri.
  • Qualche volta l'immagine richiede da Walt Whitman parecchi versetti, qualche volta un pensiero si lega logicamente a un altro, ma resta il fatto definitivo della vigorosa affermazione di ciascun verso, finito, pronunciato come fosse la sintesi di tutto il libro e insieme il più ingenuo e nuovo e fresco particolare della sezione. Ora questo si spiega soltanto con la natura di quei pensieri e fantasmi whitmaniani che informano i versi.
  • Si direbbe che Walt Whitman pensi per versi, che cioè in lui ogni pensiero, ogni lampo, si crei una forma conchiusa in cui consista e non s'adagi in un ritmo preesistente o soggetto ad altre leggi. Gli alti e bassi della «musica» whitmaniana sono gli alti e bassi del suo pensiero fantastico. Non quindi frammenti: non è più frammentaria una poesia che si semplifica fino a mostrarsi fondata e creata dal verso, dal periodo chiusa in ciascuna unità metrica.
  • Troppo sovente, mi pare, l'immagine di Walt Whitman che i commentatori hanno dinanzi agli occhi è quella del vecchio barbuto e secolare, intento a contemplare la farfalla o a comprendere nelle occhiaie mansuete la serenità finale di ogni gioia e miseria dell'universo.

Note

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  1. Whitman si riferisce ai lavori di William Shakespeare, Percy Bysshe Shelley, William Cullen Bryant e Alfred Tennyson.
  2. «I no doubt deserved my enemies but I don't believe I deserved my friends.» Commento pronunciato dopo aver finito di leggere una lettera di John Hay del 22 luglio 1888.
  3. Citato nel film Taxi Driver (1976). Il senatore Charles Palantine durante la sua campagna elettorale infatti dice: «Walt Whitman, nostro grande poeta, ha parlato per tutti noi quando ha detto: "Io sono quell'uomo, io ho sofferto, io c'ero". E oggi io dico a voi, "noi siamo il popolo, abbiamo sofferto, noi c'eravamo". Noi, il popolo, abbiamo sofferto nel Vietnam. Noi, il popolo, abbiamo sofferto e soffriamo ancora per la disoccupazione, l'inflazione, la criminalità e la corruzione.»
  4. Citato nel film Hachiko - Il tuo migliore amico (2009). Ken legge alcuni passi de Il canto di me stesso nell'elegia funebre per Parker: «Ho detto che l'anima non vale più del corpo e ho detto che il corpo non vale più dell'anima, che nulla, neanche Dio, è per chiunque più grande del suo io.»
  5. Citato nel film Hachiko - Il tuo migliore amico (2009). Ken legge alcuni passi de Il canto di me stesso nell'elegia funebre per Parker: «Ascolto e vedo Dio in ogni oggetto eppure non capisco minimamente Dio, né che possa esserci qualcuno più meraviglioso di me stesso. Io vedo Dio nei volti di uomini e donne e nel mio viso allo specchio. Trovo lettere inviate da Dio per le strade, ciascuna firmata col suo nome e le lascio lì col suo nome perché so che dovunque io vado altre verranno puntualmente sempre e per sempre.»
  6. La poesia viene citata nel film L'attimo fuggente (1989). Il professor Keating (interpretato da Robin Williams), infatti, dice: «"E risuona il mio barbarico yawp sopra i tetti del mondo!" Firmato Walt Whitman. Di nuovo lo zio Walt. Per quelli che non lo sapessero uno yawp è un ululato rauco, un grido.»
  7. Parte di questa poesia viene letta da Noah Calhoun (interpretato da Ryan Gosling) nel film Le pagine della nostra vita (2004).
  8. Recitata nel film Non c'è due senza quattro (1984). Cfr. «Istanti nativi – quando a me al fin giungete – ah, siete già qui ora. | Datemi adesso soltanto libidinose gioie, | datemi il succo delle mie passioni, datemi vita rozza e materiale.»
  9. Questa è probabilmente l'unica poesia amorosa di Whitman che sembra rivelare un'emozione sincera per una donna. Molti biografi infatti si avvalsero di questa poesia e della presunta passione per una donna conosciuta a New Orleans per respingere le accuse di omosessualità, spesso indirizzate nel corso degli anni al poeta. Nel manoscritto originale tuttavia la poesia era rivolta ad un uomo: «Attraversai una volta una città popolosa, imprimendomi nel cervello, per più tardi servirmene, gli aspetti, le architetture, gli usi, le tradizioni, | ebbene adesso di tutta quella città ricordo appena un uomo che, per amore mio, vagabondò con me, | un giorno dopo l'altro, una notte dopo l'altra stavamo insieme tutto il resto da tempo l'ho dimenticato, | ricordo, ripeto, soltanto un uomo rude e semplice, che quando partii mi tenne per mano tanto a lungo, con labbra tremanti tristi, silenziose.» Secondo molti questo è un esempio lampante dell'autocensura di Whitman: il poeta modificò composizioni ispirate dalla passione omoerotica per esaltare sensazioni e passioni a lui estranee nell'ambito dell'amore eterosessuale. Cfr. Franco Buffoni, Prefazione, p. XII e Note, p. 726.
  10. Questi versi vengono recitati in parte da Patch Adams (interpretato da Robin Williams) nell'omonimo film a lui dedicato (1998). Cfr. «A piedi e allegro la strada aperta inbocco, | di salute e di...».
  11. a b c Molti dei versi tratti da queste ultime strofe di Un canto di gaudi vengono fatti leggere a turno agli alunni dal professor Keating nel film L'attimo fuggente (1989).
  12. Questi versi vengono recitati nel film Fratelli in erba (2009) da Janet (interpretata da Keri Russell). Cfr. «Ciò che sei non l'hai mai saputo, sei stato come assopito durante tutta la vita, | le tue palpebre sono rimaste socchiuse tutto il tempo, | ciò che hai fatto già torna in guisa di sberleffi, | gli sberleffi non sono te, | sotto di loro e dentro di loro, ti scorgo in agguato.» Da notare che il titolo originale del film Leaves of Grass è lo stesso della famosa raccolta di poesie di Whitman.
  13. Questa strofa iniziale viene recitata nel film Doc Hollywood - Dottore in carriera (1991). Cfr. «Fuor dalla culla, che perenne ondeggia, | via dalla gola del merlo, spola musicale, | dalla mezzanotte del nono mese, | dalle sterili sabbie e i campi, dove il bambino fuggito dal letto, errava solo, nudo al capo e ai piedi, | giù dall'umido alone, | sopra il mistico gioco delle ombre.»
  14. Questa strofa viene letta nel film Non c'è due senza quattro (1984). Cfr. «Soffino pure i venti del nord, | nasca il giorno o cali la notte, | a casa, o sui fiumi e montagne lontane, | cantando ed obliando il passare del tempo, | mentre noi due stiamo insieme.»
  15. Questa poesia viene recitata dal personaggio Gale Boetticher, della serie televisiva Breaking Bad e precisamente nell'episodio Al tramonto, il sesto della terza stagione. Cfr. «Quando ascoltai l'astronomo erudito, | quando le prove e i numeri furono messi in colonna dinanzi a me, | quando le carte e i diagrammi mi furono mostrati per aggiungerli, dividerli e misurarli, | quando, seduto, udii l'astronomo e la sua conferenza tra gli applausi della sala, | quanto presto, inspiegabilmente divenni stanco e sofferente, | finché, scivolando via, non mi misi a vagare da solo, | nella misteriosa e umida aria notturna e, di tanto in tanto, | levai lo sguardo nel perfetto silenzio verso le stelle.» Il protagonista della serie, Walter White possiede una copia di Leaves of Grass, regalatagli dallo stesso Gale.
  16. La poesia viene citata nel film L'attimo fuggente (1989). Il professor Keating (interpretato da Robin Williams), infatti, dice: «Citando Walt Whitman, "Oh me, oh vita, domande come queste mi perseguitano. | Infiniti cortei di infedeli. Città gremite di stolti. | Che v'è di nuovo in tutto questo, oh me, oh vita? | Risposta. | Che tu sei qui, che la vita esiste, e l'identità, | che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso. Che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso." Quale sarà il tuo verso?» Questo ed altri passaggi del monologo del professor Keating sono stati poi utilizzati dalla Apple per uno spot commerciale nel 2014. A pronunciare le battute è lo stesso Robin Williams nello spot in lingua originale ed il doppiatore del professore nel film, Carlo Valli, nello spot in lingua italiana.
  17. La breve poesia viene citata anche da Roberto Benigni al termine del suo spettacolo I Dieci Comandamenti, andato in onda su Rai 1, il 16 dicembre 2014. Cfr. Benigni e i Dieci comandamenti, il passo del Talmud e la poesia di Walt Whitman citati durante lo show, Messaggero.it, 17 dicembre 2014.
  18. Questa poesia «pare» dedicata a James Buchanan, 15º presidente degli Stati Uniti. Cfr. Note, p. 728.
  19. Recitata nel film Amori in città... e tradimenti in campagna (2001).
  20. a b Dedicata ad Abramo Lincoln, 16º Presidente degli Stati Uniti d'America.
  21. La frase «O capitano, mio capitano» viene citata nel film L'attimo fuggente (1989). Il professor Keating (interpretato da Robin Williams), infatti, nelle fasi iniziali del film dice: «"O Capitano, mio Capitano!" Chi conosce questo verso? Nessuno. Non lo sapete? È una poesia di Walt Whitman, che parla di Abramo Lincoln. Ecco, in questa classe potete chiamarmi professor Keating o se siete un po' più audaci, "O Capitano, mio Capitano".» La frase viene poi ripresa anche in un episodio di How I Met Your Mother e in uno di Suits.
  22. Questi versi vengono recitati in italiano nel film Daunbailò (1986) da Roberto Benigni. Cfr. «Vision di pietà, di onta e afflizione, | orribil pensiero, un'anima in prigione.»
  23. Dedicata a George Peabody.
  24. Dedicata a Ulysses Simpson Grant, 18º Presidente degli Stati Uniti d'America.
  25. a b c «Whitman, come Irving e Thoreau, ebbe una predilezione per i nomi indiani, e preferì sempre Paumanok a Long Island. Fu questo tra l'altro il nom de plume che egli usò per alcune poesie di natura politica apparse su riviste nel 1850.» Nota Giorni rappresentative e altre prose, p. 14.
  26. Nel 2009 la Levi's usò una registrazione, nella quale lo stesso Whitman recitava questa poesia per uno spot commerciale. Questa scelta ha suscitato polemiche negli Stati Uniti, alcuni giornalisti hanno infatti criticato l'utilizzo dei versi e della voce di Whitman a fini di lucro. Cfr. Matteo Persivale, I versi di Whitman per lo spot dei jeans. Polemica negli Usa, Corriere della Sera, 29 ottobre 2009, p. 43.
  27. Parte di questa poesia viene recitata da Duke (interpretato da James Garner) nel film Le pagine della nostra vita (2004): «Niente è mai perduto o può essere perduto. Il corpo lento, vecchio, freddo, ceneri rimaste dai fuochi del tempo, tornerà a splendere ancora.»
  28. Dedicata a John Greenleaf Whittier per il suo ottantesimo compleanno, il 17 dicembre 1887.
  29. Whitman pubblicò la lettera in apertura della seconda edizione della raccolta nel 1856. Emerson tuttavia non la prese molto bene perché Whitman aveva agito senza chiedergli preventivamente il permesso. Secondo Franco Buffoni, la vera motivazione dell'arrabbiatura di Emerson non va ricercata tanto in questa mera questione formale quanto nel timore delle possibili ripercussioni di una presa di posizione pubblica in favore di un libro che si discostava notevolmente dalla morale dell'epoca.
  30. Il libro le era stato regalato da Bill Clinton.
  31. Si riferisce al Saggio sulla libertà (On Liberty) di Mills, scritto nel 1859.
  32. «Walt Whitman is, as unacquainted with art, as a hog is with mathematics.» Da una recensione a Foglie d'erba pubblicata su Critic, Londra, 15, 1º aprile 1856. Cfr. Walt Whitman's Leaves of Grass, waltwhitmanarchive.eu.

Fonti

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  1. Da La Bibbia come poesia; in Giorni rappresentativi e altre prose, pp. 529-530.
  2. a b Da un'intervista rilasciata a The Signal, febbraio 1888; citato in Emanuele Buzzi, Whitman: ragazzi, non scrivete poesia, Corriere della Sera, 20 agosto 2005, p. 31.
  3. Da una lettera a un corrispondente inglese; citato in Foglie d'erba, nota a p. 726.
  4. Da Morte di Abramo Lincoln; in Giorni rappresentativi e altre prose, p. 700.
  5. Da La questione degli scioperi e del vagabondaggio; in Giorni rappresentativi e altre prose, p. 693.
  6. (EN) Citato in Horace Traubel, Walt Whitman in Camden, vol. I, 1906, p. 60.
  7. Dall'articolo postumo An American Primer, The Atlantic Monthly, aprile 1904; citato nella prefazione «Chi fa tanto caso a un miracolo?». Come leggere la poesia di Walt Whitman di Antonio Spadaro, p. 17 in Walt Whitman, Canto una vita immensa, a cura di Antonio Spadaro, Ancora, Milano, 2009. ISBN 88-514-0632-4
  8. Citato in Bertrand Russell, La conquista della felicità, traduzione di Giuliana Pozzo Galeazzi, Longanesi, Milano, 1969, epigrafe.
  9. Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992, p. 796. ISBN 88-17-14603-X
  10. Citato in Gustav Hasford, Nato per uccidere (The Short-Timers), traduzione di Pier Francesco Paolini, Bompiani, 1989.
  11. a b c d Da Sguardo retrospettivo al cammino percorso, prefazione di Fronde di Novembre, 1888; in Foglie d'erba, 1993, pp. 706-722.
  12. Citato in Storia della bruttezza, a cura di Umberto Eco, Bompiani, Milano, p. 393. ISBN 978-88-452-7389-6

Bibliografia

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  • Walt Whitman, Foglie d'erba (Leaves of Grass), edizione integrale, versioni e prefazione di Enzo Giachino, con saggio di Franco Buffoni, Giulio Einaudi editore s.p.a., Einaudi Tascabili N. 161, Torino, 1993. ISBN 88-06-17365-0
  • Walt Whitman, Giorni rappresentativi e altre prose, a cura di Mariolina Meladiò Freeth, Neri Pozza Editore, Vicenza, 1968.

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