A che, Roma superba, tante leggi
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A che, Roma superba, tante leggi
Di senator, di plebe, e degli scritti
Di prudenti di placiti e di editti,
Se ’l mondo come pria più non correggi?
Leggi, misera te!, misera, leggi5
Gli antichi fatti de’ tuo’ figli invitti,
Che ti fêr già mill’Affriche et Egitti
Reggere; et or sei retta, e nulla reggi.
Che ti giova ora aver gli altrui paesi
Domato e posto ’l freno a genti strane,10
S’oggi con teco ogni tua gloria è morta?
Mercè, Dio! chè miei giorni ho male spesi
In trattar leggi, tutte ingiuste e vane
Senza la tua che scritta in cor si porta.