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Il sepolcro di papa Pio VIII (de Ferrari)

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Giacinto Maria Giuseppe de Ferrari

1866 Indice:Il sepolcro di papa Pio VIII (de Ferrari).djvu Cristianesimo Cristianesimo Il sepolcro di papa Pio VIII opera del commendatore Pietro Tenerani nella patriarcale basilica vaticana Intestazione 4 gennaio 2012 100% Cristianesimo

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IL SEPOLCRO

DI


PAPA PIO VIII


OPERA

DEL COMMENDATORE PIETRO TENERANI

NELLA PATRIARCALE BASILICA

VATICANA








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Avendo in quest’oggi potuto vedere ed ammirare il grande monumento di Pio VIII, voglio esprimerne all’illustre autore le più sincere congratulazioni, con dimostrarne irragionevoli le critiche, di cui è stato oggetto, le quali scaturirono dal non averne compresa l’idea.

L’artista, animato dalla sublimità della Cattolica Fede, si è inspirato a uno dei più eccelsi misteri, ha saputo esteticamente attuarlo, e proporlo all’occhio, affinchè l’intelletto cristiano si sollevasse a celesti e divini pensieri.

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Il Capo visibile della Chiesa, che al Capo invisibile e supremo, di cui è Vicario, vedesi atteggiato genuflesso in orazione, ci offre l’eccelso spettacolo dell’assistenza immanchevole di Gesù Cristo al suo gregge; mentre Egli dall’alto luminoso seggio ascolta i fervidi accenti del suo Pontefice ancor mortale.

Qual più acconcio e sublime concetto potea idearsi?

Ebbene, dicono i censori, non doveva il Papa volgere le spalle al Redentore. Ecco la più marcata e ripetuta censura, benchè affatto priva di fondamento. Si risponde primieramente, che è falsa cotale assertiva; perchè la testa del supplicante non arriva neppure al suppedaneo del Salvatore, e perciò è totalmente inferiore, volendo anche giudicare materialmente; nè alcuno dirà, che gli assistenti al pontificio soglio, sedendo sui gradini, commettono quella sgarbatezza: perchè rappresentano anzi ossequio siccome posti in inferiore stallo. Come neppure commettono irriverenza quelli che nella solenne processione incedono avanti al Santissimo Sagramento pregando e adorandolo.

Inoltre l’ideale dell’artistica rappresentanza si è consociare il visibile coll’invisibile. Il Sommo Pontefice ti presenta lo stato [p. 5 modifica]dell’uomo viaggiatore, che crede e non vede; nè meglio poteva incarnarsi l’alto concepimento, che nel collocare Gesù Cristo come in cielo, corteggiato da s. Pietro e da s. Paolo, coll’aureo nimbo, con Angeli intorno al trono. Conveniva a s. Pietro interessarsi della prece del suo successore. Laddove s. Paolo, non avendo diretta azione nel sommo pontificato, meglio figurasi in amorevole atteggiamento di contemplativo sapiente, quale lo dimostra il codice delle inspirate epistole, col simbolo del martirio. Sicchè abbiamo le due sezioni mirabilmente collegate della terra col cielo, della Chiesa col Paradiso, dell’uomo con Dio.

Quelli che fantasticano una posizione laterale, in cui si trovasse il Pontefice avanti di Gesù Cristo ec., non raggiungono l’altezza del concetto, nè la sublimità delle immagini; conciossiachè se lo avesse effigiato innanzi al divin Redentore avremmo veduto Pio VIII in cielo beato, e non più in orazione; che non era tema convenevole alla tomba, ma all’apoteosi. Che se si volesse fingere ancor mortale orante a qualche effigie del Crocifisso, si sarebbe perduto il grandioso del mausoleo; perchè sarebbesi dovuto scolpire un piccolo simulacro usato dall’uomo mortale senza azione alcuna, e senza effetto e collegamento cogli Apostoli e col cielo.

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Ognuno tace ed ammira i capolavori del Bernini e del Canova nei sepolcrali marmi di Alessandro VII Chigi e di Clemente XIII Rezzonico, sculti in ginocchio, assorti in fervida orazione all’invisibil Nume. Eppure non ci è dato il conforto di conoscere l’effetto della pontificale preghiera.

Il Tenerani a questo bramato consolante fine c’innalza, improntando colla guida della eterna verità il suo monumento di due zone: nella bassa pone supplichevole il Gerarca tuttavia morituro: nell’alta ti apre la scena del Paradiso, a cui si unisce per fede la terra. Vedi un simile pensiero nella Trasfigurazione di Raffaele, il quale in una sezione montuosa delineò la splendida manifestazione del Taborre, di cui sono a parte i tre soli favoriti discepoli, ma non gli altri, che nell’ima valle si affaticano in pregare per liberare l’ossesso.

Dunque siano lodi al sapientissimo inventore, che ci mette sott’occhio il mondo visibile e l’invisibile annodati coi legami della fede e dell’orazione, alla quale fu promessa per divino oracolo efficacia ed impetramento di nobili e pii desideri; specialmente di colui che tiene le chiavi dell’empireo. E se mi domandi qual sia il soggetto principale del monumento, ne avrai in risposta, essere uno, [p. 7 modifica]e di tale unità, che non si altera, ma si perfeziona coll’ordine religioso e mistico. Il prototipo è Pio VIII, che vedesi devoto e supplicante sul primo ordine della tomba, immagine della terra, ove milita il fedele che prega affidato a quella virtù che ci trasporta alle non parventi sperate cose. Ma lo stesso Vicario ci chiama all’invisibile principale Soggetto, di cui fa le veci, siccome i tropi, le metafore, e le figure naturalmente ci guidano al figurato, certamente di ordine superiore: come una statua di Cesare ci solleva all’originale augusto. Perciò il saggio artista ci fa volare dal mortale Sommo Sacerdote al Re dei secoli immortale, invisibile1, di cui è figura, ponendo sopra un ordine superiore in mezzo ai Principi degli Apostoli in maestosa sede Gesù Cristo in atto di esaudire le orazioni del suo Vicario. Perciò il principale soggetto sfolgoreggia nella divina maestà. Per tal modo siccome in natura non si moltiplica realmente l’uomo colla sua ombra, nè colla sua figura, così non è offesa, anzi più perfetta risplende, la unità estetica, quando le linee si accentrano ordinatamente nel finale obbietto. Ecco il perchè si rispondono mirabilmente, e si uniscono due tipi nei rispettivi attributi quasi [p. 8 modifica]identificati per valore di fede teologica, che ha guidato il robusto scarpello all’apice dell’arte cristiana.

Nulla poi dirò delle singole parti, dell’armonia, della proporzione delle statue, e dei bassorilievi; perchè in ciò non ho sentito critica alcuna; anzi tutti concordemente convengono in celebrare il singolar merito del Tenerani nel dar vita a’ marmi, nella maestria di condurli al più perfetto finimento; sicchè fisonomie parlanti, panneggio delicatissimo, verissimo; posizioni, atteggiamenti, movenze naturali. Nel volto del Redentore il lampo della divinità è mitigato da pietà e clemenza. La santità in Pietro è unita alla sollecitudine della Chiesa militante. La sapienza in Paolo si congiunge allo zelo d’infiammare i popoli; il ritratto vivissimo di Pio VIII ti commove potentemente a confidare nell’Altissimo; e nei due Geni simbolici impari a viver giusto e prudente, disprezzando le terrene vanità, per meritarti in morte l’amplesso beatifico di Gesù Cristo. Quale idea più ricca e sublime di questa?

Le critiche adunque sono irragionevoli e cadono come fantasmi notturni all’apparire del sole. Cederanno anzi in maggior tributo di encomio al grande scultore, che ha saputo scuotere il giogo del gentilesco ingegno per [p. 9 modifica]sollevarsi ai sublimi voli dell’arte cristiana; e son certo che questa produzione assicura al chiarissimo artista una gloria superiore al riscontro, universale, imperitura, già annunziata con elegante epigramma dall’Eminentissimo Cardinale Antonio Tosti splendidissimo Nestore dei Principi di s. Chiesa; di cui ecco i bellissimi versi:


PETRO TENERANIO
SCVLPTORI PRAESTANTISSIMO
OB MONVMENTVM PII VIII P. M.
GRATVLATIO


Plurima in hoc templo videas monumenta priorum
Quae referunt vultus gestaque Pontificum.
At Christi ante pedes, Petri Paulique sub umbra,
Dum pronum flexo poplite cerno Pium,
Gratulor artifici; quod rem feliciter unus
Hauserit ingenio, marmore prodiderit.
Haec inter dum signa Pius stat Numine plenus
Vera micat species formaque Pontificis.

A. Card. Tosti

A così eloquente ed autorevole encomio nulla ho da aggiungere, se non che rinnovare i miei rallegramenti al lodatissimo Artefice che ha fatto servire il magistero di Fidia alle rivelate idee di Cristo. Sia egli [p. 10 modifica]felicitato ed applaudito da tutti gl’intelligenti ed equi estimatori delle ammirabili opere che sul Tebro offrono il più bello dell’arte e della fede.


Dal Vaticano 16 marzo 1866.


F. Giacinto De Ferrari, de’ Predicatori,
Commissario Generale del S. Officio






IMPR. - Fr. Hieronymus Gigli Ord. Praed. S. P. Ap. Mag.
IMPR. - P. De Villanova Castellacci Archiep. Petrae Vicesg.



Note

  1. Regi saeculorum immortali invisibili soli Deo.