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Ospedale di Pammatone

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Visitare gli infermi (C. de Wael, 1640 circa), dipinto ambientato nell'ospedale di Pammatone

Citazioni sull'ospedale di Pammatone.

  • Anche il Pammatone, lo storico ospedale di Genova, avrebbe dovuto essere preservato dal fatidico piccone demolitore. Poteva essere trasformato in un grande centro congressi e invece diventò un tribunale. È pur vero che fu molto bombardato, ma non al punto di volerlo per forza abbattere, tanto che un prete, don Ferrari, cappellano della Brigata Garibaldina, che era stato con i partigiani, dopo la guerra vi fece una comunità di «sciuscià»: La città dei ragazzi. Il Pammatone era una perla artistica, un ospedale del Rinascimento ai tempi di Santa Caterina da Genova, che aveva fondato la congregazione del Mandilletto. Per questa ragione è stata almeno salvata la struttura a portico e incapsulata in una struttura in acciaio. È un edificio unico, ma il resto del quartiere è deserto. (Andrea Gallo)
  • Uscendo dal palazzo del Doge, sono entrato in un superbo palazzo. Ho attraversato un lungo colonnato, calpestato marmi di tutti i colori; si è aperta una porta immensa: ero dentro un ospedale.
    Contiene milleduecento malati, distribuiti nelle diverse sale: là gli uomini, qui le donne; là le ferite, qui le febbri. Ho creduto di vedere la morte vagare in mezzo a questi malati, che colpiva da ogni parte, a caso, con la sua falce invisibile. Uno sventurato è spirato davanti a me. I letti dei malati sono circondati dai loro parenti inteneriti che li consolano, che li confortano: c'è una madre accanto alla figlia; un marito accanto alla moglie. Almeno, in questo ospedale, mani sensibili e care possono chiudere gli occhi dei morenti.
    Vi regna un ordine ammirevole, una pulizia perfetta, una cura estrema. Vi si guarisce.
    Le statue di tutti i benefattori dell'ospedale sono distribuite nelle sale. Le persone riconoscenti possono, dal momento in cui le loro forze lo permettono, andare a bagnare di lacrime, senza dubbio molto dolci, le immagini dei loro dei tutelari.
    Non so quale piacere mi tratteneva in questa dimora del dolore. (Charles Dupaty)

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